Il dibattito ha coinvolto anche esperti di estrazione non accademica, come Andrea Schulz, dirigente del Ministero della Giustizia tedesco, e Hans van Loon, a lungo Segretario generale della Conferenza dell’Aja di diritto internazionale privato. Il convegno, strutturato in sessioni tematiche di tipo seminariale, pensate per favorire scambi rapidi e informali, è stato arricchito da interventi di giuristi di provenienza e profilo molti diversi: studiosi di lunga esperienza, come Sergio Carbone e Giorgio Sacerdoti (professori emeriti rispettivamente nell’Università di Genova e nell’Università Bocconi), giovani studiosi come Francesca Maoli (Università di Genova), Domenico Pauciulo (Università di Napoli) e Pierfrancesco Rossi (Università di Teramo), ed esponenti del mondo della diplomazia come Mario Oyarzabal, ambasciatore di Argentina nei Paesi Bassi e membro della Commissione del diritto internazionale delle Nazioni Unite.
Obiettivo della giornata di studio, ha precisato il professor Franzina, «è stato mettere a confronto approcci e saperi diversi. Il diritto internazionale è studiato, tradizionalmente, da due angolature diverse: quella pubblicistica, che privilegia i rapporti fra gli Stati e le dinamiche della società internazionale, e quella privatistica, che si interessa invece dei singoli e delle imprese, e di come i singoli ordinamenti statali si aprano l’uno all’altro per dare certezza e continuità ai loro diritti. Queste due prospettive vengono viste da molti come discipline separate, e la comunicazione fra i due campi è spesso difficile. Quando si parla di convenzioni multilaterali di diritto internazionale privato, tuttavia, distinguere i due piani è innaturale e problematico, perché quelle convenzioni sono allo stesso tempo dei prodotti del diritto internazionale pubblico e degli strumenti del diritto internazionale privato. Studiarle da una sola angolatura, ignorando l’altra, vorrebbe dire rinunciare a coglierne tutte le implicazioni. Da qui l’idea di far dialogare, nel convegno, specialisti dell’uno e dell’altro ramo, e di coinvolgere in quel dialogo anche chi – fuori dalle Università – ha a che fare quotidianamente con le convenzioni di cui si è parlato, e deve dunque mediare, sul piano pratico, fra i due saperi».