In questa terza domenica del tempo di Pasqua siamo invitati ad approfondire il significato della Risurrezione del Signore Gesù e, in particolare, il modo con cui gli Apostoli la vivono e l’annunciano. Colpisce il fatto che Gesù, dopo la pesca miracolosa e il segno della convivialità eucaristica, chieda con insistenza per tre volte a Pietro di confermare il suo amore per Lui. Ad ogni risposta di Pietro segue il mandato di prendersi cura delle pecore, fino a quella parola solenne e decisiva che sembra ricapitolare e spiegare tutto: “seguimi”.
Nella vocazione di Pietro possiamo riconoscere i tratti salienti di ogni vocazione e il paradigma di una missione che viene assunta non per particolari capacità personali ma per un disegno di grazia il cui artefice e protagonista è il Signore stesso. Manifestando la sua infinita benevolenza, il Risorto offre a Pietro la possibilità di riscattarsi dalle tre volte in cui lo ha rinnegato prima del canto del gallo (Mt 26,30-34). Confortato dal Risorto, Pietro matura la fondamentale certezza che “Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini” (Atti 5,29). Obbedienza che lo renderà testimone, assieme allo Spirito Santo, dei prodigi che continueranno nel tempo ad attuarsi nel nome di Gesù per mano sua, degli apostoli, della comunità ecclesiale e, in particolare, dei santi.
Di quanto sia preziosa l’opera e la testimonianza dei santi ci viene data conferma anche dalla beatificazione di Armida Barelli avvenuta ieri nel Duomo di Milano. Vogliamo ancora ringraziare il Signore per il dono di una donna coraggiosa che nella prima metà del secolo scorso ha saputo compiere opere straordinarie, di cui ancora oggi sperimentiamo la bellezza e la preziosità. Tutto parte, anche per Lei come per Pietro, da un dialogo pressante con il Signore. Anche nella vocazione di Armida possiamo rinvenire tre momenti in cui è stata chiamata a confermare il suo amore incondizionato e la sua totale consacrazione al Signore.
Una prima volta nei mesi che vanno dalla fine del 1909 ai primi mesi del 1910, periodo in cui conosce P. Gemelli e inizia a collaborare con lui, abbracciando anche la spiritualità francescana. Scrive nel suo diario: «O mesi beati… O intima unione con il Signore! Il mondo è morto a me e io al mondo! Vivo nel mondo, ma non lo vedo, non lo odo più! Mi canta nell’anima l’amore del Signore! Com’è facile, portata dalla grazia, la preghiera, la meditazione, la veglia; e le mortificazioni, l’apostolato fioriscono…».
Un secondo passaggio avverrà il 31 maggio del 1913, quando dopo lungo discernimento, nel duomo di Milano decide di non percorrere le vie tradizionali della consacrazione religiosa, ma di donarsi al Signore rimanendo pienamente inserita nel mondo. E, infine, la consacrazione solenne e definitiva nella chiesetta di San Damiano ad Assisi nel coro di Santa Chiara, il 19 novembre del 1919, che coincide con la fondazione, assieme alle prime compagne e sotto la guida di P. Gemelli, di quello che poi diventerà l’Istituto secolare delle Missionarie della Regalità.
Non potremmo capire senza questi tre passaggi, che pur nella loro diversità assomigliano molto alle tre richieste di Gesù a Pietro e alle sue risposte, le ragioni profonde che hanno consentito ad Armida Barelli di essere, a pieno titolo, tra quei discepoli che non hanno avuto timore di gettare la rete sulla parola del Signore per poi tirarla a riva con tanti grossi pesci. Dalla sua intima unione con il Sacro Cuore di Gesù, a cui continuamente si affida nell’incrollabile certezza che in Lui anche l’impossibile diventa possibile, nascono altre importanti opere. Su mandato di Benedetto XV dà vita alla Gioventù femminile di Azione Cattolica attraverso cui verranno formate milioni di donne che animeranno la vita ecclesiale e saranno, anche sul piano sociale, il tessuto vitale su cui rinascerà il Paese dopo la seconda guerra mondiale. E non possiamo dimenticare anche le iniziative missionarie rivolte in particolare alla Cina e l’Opera della Regalità destinata alla formazione liturgica e spirituale della comunità ecclesiale. Tutte opere che anticipano e preparano il Concilio Vaticano II.
Ma in questa sede ci è caro ricordare il suo fondamentale contributo dato alla nascita e allo sviluppo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. La Giornata che oggi celebriamo nel contesto del centenario dell’Ateneo è stata pensata e animata per trent’anni dalla Barelli che ha saputo realizzare una formidabile rete di sostenitori. Per questa ragione, può essere a pieno titolo definito “l’Ateneo dei cattolici italiani”.
Oltre alla geniale paternità scientifica e organizzativa di P. Gemelli riscopriamo così anche la maternità premurosa e la passione educativa della beata Armida Barelli. Le riflessioni di questa giornata, attorno al tema “Con cuore di donna, al servizio della cultura e della società”, ci aiutano certamente a comprendere meglio il suo operato, ma soprattutto ci sollecitano ad un rinnovato impegno perché i tanti doni di grazia che il Signore ha seminato attraverso di lei continuino a portare frutto nella Chiesa e nella società. Quel “seguimi” che ha segnato la vita di San Pietro e che ha guidato il cammino della beata Barelli continua a risuonare per ciascuno di noi e attende una risposta altrettanto coraggiosa e non meno generosa. Amen.