Le riflessioni di oggi «ci aiutano certamente a comprendere meglio il suo operato, ma soprattutto ci sollecitano ad un rinnovato impegno perché i tanti doni di grazia che il Signore ha seminato attraverso di lei continuino a portare frutto nella Chiesa e nella società» - ha dichiarato monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo, che ha celebrato la Santa Messa della Giornata.
L’omelia in una gremita Aula Magna ha suggerito una rilettura dei versetti di Matteo in cui Gesù ha domandato per tre volte a Pietro di confermare il suo amore per lui e a ogni risposta gli ha chiesto di prendersi cura delle pecore fino a dirgli “Seguimi”. Nella vocazione di Pietro risiede l’essenza di ogni vocazione che si compie sempre non per merito dell’uomo ma per merito della grazia del Signore. Quella di Armida Barelli, modello esemplare di vita, si è chiarita nel corso della sua vita grazie a tre momenti significativi.
Il primo riguarda «i mesi che vanno dalla fine del 1909 ai primi mesi del 1910, periodo in cui conosce Padre Gemelli e inizia a collaborare con lui, abbracciando anche la spiritualità francescana» - ha ricordato monsignor Giuliodori. «Il secondo passaggio avviene il 31 maggio del 1913, quando dopo lungo discernimento, nel Duomo di Milano decide di non percorrere le vie tradizionali della consacrazione religiosa, ma di donarsi al Signore rimanendo pienamente inserita nel mondo. E, infine, la consacrazione solenne e definitiva nella chiesetta di San Damiano ad Assisi nel coro di Santa Chiara, il 19 novembre del 1919, che coincide con la fondazione, assieme alle prime compagne e sotto la guida di Padre Gemelli, di quello che poi diventerà l’Istituto secolare delle Missionarie della Regalità».