Bestetti ha confermato che, come emerge dalla ricerca, si nota da un lato l’imbarbarimento della classe politica, unito a un eccesso di semplificazione nel presentare soluzioni facili a problemi complessi. D’altra parte, alcune redazioni giornalistiche inducono i politici ad alimentare l’aggressività, e sono più interessate a inasprire i toni che ad approfondire i contenuti.
L’escalation dell’inciviltà è un fatto. Ma Tonia Cartolano ha affermato che la linea della sua testata è quella di spiegare sempre ai telespettatori le scelte editoriali, quando ad esempio i giornalisti volutamente riportano espressioni volgari utilizzate dai politici dando la notizia nuda e cruda. In campagna elettorale la sfida «è mettere l’elettore nelle condizioni di scegliere in maniera consapevole e informata. Per questo mettiamo tutti i politici sulla stessa linea di partenza per parlare dei propri programmi. E così, l’audience arriva».
Un’ulteriore ammissione della tossicità della comunicazione politica tendenzialmente manipolativa è arrivata da Pietro Raffa che da molti anni si occupa di campagne elettorali su scala digitale.
La ricerca
La ricerca è stata condotta attraverso un questionario somministrato a un campione rappresentativo di 1500 cittadini italiani e 53 interviste individuali in profondità tra politici e giornalisti tra settembre 2024 e giugno 2025 (in particolare 6 deputate/i, 6 senatrici/senatori, 3 parlamentari europei, 6 tra consiglieri comunali e sindache/i e 9 tra consigliere/i regionali e presidenti di regione; 12 croniste/i e giornalisti politici, 1 editorialista, 4 capi o vicecapi redattori di servizio e 9 direttrici/direttori, attivi tanto nei media mainstream (agenzie di stampa, carta stampata, televisione) quanto nelle testate digital born.
Rispetto all’inciviltà politica il 73,6% del campione si dichiara fortemente infastidito da un politico che insulta, urla, offende. Inoltre, oltre due terzi degli intervistati (76,6%) percepiscono un netto peggioramento dell'inciviltà negli ultimi anni. Il paradosso è evidente: di fronte al crescere dell'inciviltà politica ci si sarebbe potuti aspettare una sorta di assuefazione, una progressiva tolleranza verso toni sempre più aspri. Invece gli italiani hanno mantenuto un forte attaccamento ai valori del confronto civile.
Ciò che maggiormente infastidisce gli italiani sono l’inciviltà valoriale (mancanza di rispetto per i valori democratici, e tra questi la stereotipizzazione delle donne, forme di discriminazione, e uso della menzogna), quella relazionale (mancanza di rispetto per gli altri che si manifesta con il ricorso all’insulto, la volgarità e la ridicolizzazione nei confronti degli avversari politici) e quella istituzionale (espressioni irrispettose nei confronti dei valori/simboli della democrazia e incitazioni alla violenza contro gli avversari politici). Chi mostra maggiore sensibilità al fenomeno sono le donne, gli over 65 e gli elettori del centro-sinistra.
La significativa minoranza per cui l’inciviltà politica, invece, è normalizzata è costituita prevalentemente da giovani uomini della Generazione Z (18-30enni). La tolleranza, però, non è data dall’assuefazione all’uso dei social media o dall’esposizione ad ambienti comunicativi digitali, ma da atteggiamenti anti-politici, dalla scarsa fiducia nelle istituzioni democratiche e da una visione cinica della politica.
Il 16,7% degli italiani considera addirittura accettabile l'inciviltà politica quando è "comunicativamente efficace", pur riconoscendone le conseguenze negative (oltre il 94% l’associa ad allontanamento dalla politica, sfiducia e polarizzazione). L’evidenza paradossale è che nonostante la consapevolezza che l’inciviltà politica “fa male alla democrazia” (l'80% lo ammette), questa viene giustificata se "funziona".
«La normalizzazione dell’inciviltà nel discorso pubblico si correla a quel processo di erosione dei valori democratici che molte democrazie liberali stanno vivendo in questi anni – dichiara Sara Bentivegna a commento dei dati della survey –. Si tratta di un processo che non si traduce in un collasso improvviso della democrazia ma in un deterioramento progressivo delle norme che l’hanno tradizionalmente sostenuta».
È innegabile che media e social siano il palcoscenico privilegiato e il motore dell’inciviltà politica, che risulta essere non più un fenomeno spontaneo ma una risorsa strategica della comunicazione politica e il prodotto di un sistema mediatico che la incentiva strutturalmente.
L'inciviltà si manifesta principalmente in quattro contesti comunicativi: nelle aule istituzionali che diventano palcoscenico per i talk show e per i reel sui social media; nel rapporto politici-giornalisti dove "l'insulto diventa spettacolo" televisivo e online; sui social media tra cittadini e politici; nelle guerre digitali tra schieramenti opposti, alimentate da logiche algoritmiche che premiano il conflitto. Gli stessi giornalisti riportano che «L’insulto fa audience e le redazioni cercano disperatamente il conflitto». Insomma, i “picchiatori politici” attirano followers ed emergono tra coloro che si comportano civilmente e pagano anche un prezzo, come ha dichiarato un parlamentare tra gli intervistati.
«I politici intervistati si sentono intrappolati fra una logica dei media che spettacolarizza lo scontro politico e un sistema politico in cui l’inciviltà politica è una risorsa comunicativa strategica per ottenere visibilità, fidelizzare gli elettori e mobilitarli» – specifica Giovanna Mascheroni.
«L’inciviltà non è solo una questione di toni, ma investe il cuore del giornalismo: mette in crisi l’autorevolezza, alimentata da social media e da relazioni opache con politica ed economia. È una sfida che tocca la qualità della democrazia ben oltre i confini italiani», conclude Giovanni Boccia Artieri.
In sintesi, il sistema mediatico penalizza chi mantiene standard civili, rendendo l'inciviltà non più un incidente ma una "strategia comunicativa funzionale" che trasforma l’essenza dell’agire politico. Media tradizionali e social media, secondo i politici e i giornalisti intervistati, hanno creato un ecosistema dove l'inciviltà non è più disfunzione ma necessità competitiva, trasformando la politica in spettacolo e i politici in performer obbligati a recitare un copione aggressivo per sopravvivere mediaticamente.