Secondo Bianchi, sono le persone a determinare la forza economica di un Paese. Da qui alcuni esempi: la scelta della Apple di spostare parte della produzione dalla Cina all’India, dove sono disponibili ingegneri con competenze manifatturiere avanzate; l’impossibilità per un imprenditore ceramico di Sassuolo di trasferire la produzione negli Stati Uniti per eludere i dazi, data la mancanza di operai specializzati. Anche l’aumento delle tasse universitarie introdotto da Trump ha, paradossalmente, reso più attrattivi gli atenei europei e italiani.
Il messaggio è evidente: «L’Europa può contare solo se investe nelle persone. La prima politica industriale è la politica educativa, che deve accompagnare i cittadini dall’infanzia all’università. Oggi le imprese danno per acquisite le competenze tecniche e cercano soprattutto persone capaci di gestire il cambiamento, dotate di visione globale e attitudine al lavoro di squadra».
Da questa visione discende un’indicazione precisa: «Serve un lavoro di dialogo e di cucitura a livello nazionale, europeo e internazionale, recuperando una visione d’insieme e la capacità di combinare elementi diversi. Ma per farlo servono tempo, stabilità e un impegno costante sulle persone. E il luogo deputato a questo è l’università».
Sul ruolo centrale degli atenei è intervenuto anche Alberto Quadrio Curzio, presidente emerito dell’Accademia dei Lincei e presidente del Centro di ricerche in Analisi economica e sviluppo economico internazionale (Cranec). L’economista ha ricordato come gli Stati europei condividano una cultura comune che va continuamente coltivata, e come proprio le università abbiano la responsabilità di aiutare i cittadini a ragionare in termini europei. «L’Unione Europea – ha osservato – è un’innovazione istituzionale straordinaria: ha trasformato rapporti secolari di conflitto in relazioni di pace, democrazia e cooperazione». Da qui l’importanza di rafforzare la cultura europea attraverso programmi come Erasmus e il dialogo tra studiosi, fondato su un linguaggio comune che eviti imposizioni ideologiche. «Il dialogo – ha concluso – è ciò che rende umani gli esseri umani».
In chiusura, la direttrice del Cranec, Floriana Cerniglia, ha sottolineato agli studenti il valore di aver potuto ascoltare due figure di riferimento del panorama accademico italiano, capaci di offrire uno sguardo lucido e al tempo stesso carico di speranza sulle sfide dell’economia e dell’industria. Dalle loro parole è emerso «un messaggio di coraggio e fiducia, fondato sulla cultura e sui valori».
Da qui l’appello rivolto agli studenti della Facoltà a riflettere sull’urgenza di una maggiore unità europea, indispensabile per affrontare con efficacia la competizione globale tra la potenza americana e l’ascesa cinese.