«Nuove tecnologie e intelligenza artificiale aprono a scenari inediti e pongono questioni sempre più complesse, che toccano in modo diretto la dimensione antropologica ed etica. Questioni che non riguardano solo gli effetti provocati da una pur importante rivoluzione tecnologica, ma coinvolgono le categorie dell’esistenza umana. Non dobbiamo avere remore nel sostenere che ci troviamo davanti a una vera e propria rivoluzione culturale che ci invita a riflettere sulla nostra idea di intelligenza e di senso». Così la Rettrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Elena Beccalli ha aperto la Prolusione che il 14 novembre a Roma ha inaugurato l’anno accademico della Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium”.
Analizzando il rapporto persona e educazione, ripensando le categorie dei saperi e i quadri di riferimento cognitivi, la Professoressa Beccalli ha tracciato un itinerario sulla natura e i confini dell’Intelligenza Artificiale, sul suo carattere proteiforme, sulla responsabilità dell’essere umano e della macchina, sulla nuova e urgente missione delle Università: «L’Intelligenza Artificiale invece si basa su un approccio probabilistico che dà risposte attraverso l’elaborazione di una enorme quantità di dati, dai quali il sistema stesso viene alimentato, generando risultati statisticamente probabili, senza però coglierne l’autentico significato. Un sistema modesto se paragonato alla mente umana, che con l’uso del linguaggio, secondo le parole di von Humboldt, può fare “un utilizzo infinito di mezzi finiti”, creando idee e teorie di portata universale» – ha affermato la Rettrice -. Solo partendo dalla comprensione profonda della natura umana possiamo fronteggiare le domande che ci pone la macchina. In questa prospettiva la vera intelligenza, dunque, non è algoritmica ma è la capacità di comprendere, cioè di intus-legere, di leggere dentro, di capire in profondità, di essere aperti all’inatteso e di trovare connessioni insospettate tra scibili diversi».
È stato poi il tema delle relazioni al centro del discorso: «Non dobbiamo trascurare un’altra forma fondamentale dell’intelligenza. Mi riferisco all’intelligenza collettiva, condivisa, nata dai processi relazionali, adattativi e collaborativi tra persone nelle comunità. Va ricordato che la comunità è un contesto fondamentale per l’esercizio dell’intelligenza” – ha continuato -. In un’epoca segnata da una profonda crisi antropologica, accentuata proprio dalla pervasiva diffusione dell’intelligenza artificiale, una concezione relazionale dell’essere umano diventa ineludibile per evitare che il rapporto con i dispositivi dotati di intelligenza artificiale sia ridotto a una questione di subordinazione o di controllo su di essi».
Grande attenzione e partecipazione da parte di studentesse e studenti di un’Istituzione che accoglie a Roma allievi, religiosi e laici, di 67 Paesi del mondo. Ad aprire la giornata la celebrazione eucaristica presieduta dal Cardinale Ángel Fernández Artime, Pro-Prefetto del Dicastero per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita apostolica, seguita dalla riflessione della Preside della Facoltà Auxilium Professoressa Piera Ruffinatto sul compito dell’«educare alla pace: il sapere come cura», alla presenza di Madre Chiara Cazzuola, Gran Cancelliere della Facoltà e Superiora generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che al termine della cerimonia ha portato il suo saluto, dichiarando l’apertura dell’accademico 2025-2026.
In un’epoca segnata da conflitti, disuguaglianze e frammentazione sociale «il sapere che cura – ha detto la Professoressa Ruffinatto - è quello che non si limita ad accumulare nozioni, ma che sa interrogarsi, mettersi in ascolto, generare dialogo e aprire orizzonti di speranza». Questo «racchiude una duplice consapevolezza: quella della responsabilità che ci interpella come comunità educativa e quella della fecondità trasformativa che il sapere può avere quando si pone al servizio della persona e del bene comune. Educare alla pace significa riconoscere che ogni atto formativo è anche un atto di cura».
Tanti gli stimoli di approfondimento e le sollecitazioni a nuove forme di pensiero e di applicazione educativa e pedagogica da parte della Rettrice Beccalli che ha concluso il suo intervento con il tema proprio e cruciale per un’Istituzione accademica: «Di fronte a un quadro di tale complessità, quale ruolo possono assumere le istituzioni universitarie? Esse sono inevitabilmente interpellate e coinvolte tanto nella missione educativa quanto in quella scientifica e di ricerca. A partire da un dato: sono soprattutto le giovani generazioni a essere maggiormente esposte a rischi e opportunità dell’intelligenza artificiale».
Tracciando le tappe di un cammino intellettuale, antropologico e propositivo, dai temi del ripensamento delle categorie di pensiero e azione, dei nuovi percorsi formativi e l'inquietudine creativa che può e deve alimentarli, passando per l’intelligenza collettiva delle "università come comunità educanti", la Professoressa Beccalli ha concluso la Prolusione accademica con una proposta: “Le riflessioni che ho presentato sin qui mi hanno indotto a proporre un Patto educativo per le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale che può essere inteso come un ulteriore pilastro del Global Compact on Education, nella prospettiva di un’educazione al digitale che risponda a una delle tre nuove sfide educative delineate da Papa Leone XIV (Incontro con gli studenti in occasione del Giubileo del mondo educativo, 30 ottobre 2025).”
Un Patto che «si articola in tre ambiti principali: la ricerca sull’intelligenza artificiale, orientata a conoscerne natura, confini, potenzialità e rischi; l’innovazione dei metodi didattici, per integrare in modo consapevole e efficace l’intelligenza artificiale nella didattica senza snaturarne i tratti fondativi e anzi valorizzandoli; la formazione dei docenti, volta a sperimentare nuovi modelli», proponendo «una seria riflessione sui metodi d’insegnamento orientata a comprendere come integrare metodi tradizionali e strumenti di intelligenza artificiale, in modo da perfezionare i primi e indirizzare i secondi verso un approccio pedagogico consapevole. Tutto questo si colloca in un più ampio ripensamento delle università nella prospettiva di essere “luoghi di esperienze” e non solo “luoghi di trasmissione” del sapere. Un compito arduo, ma necessario».