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La Cattolica unisce generazioni aperte al mondo

20 gennaio 2022

La Cattolica unisce generazioni aperte al mondo

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Anni ricchi di incontri importanti che le hanno cambiato la vita e il modo di intendere la vita. Così ricorda i suoi studi in Cattolica Liliana Gadaleta, classe 1931, che si laureò in Filosofia con il professore divenuto poi rettore Francesco Vito e sostenne esami con docenti come Sofia Vanni Rovighi e Francesco Olgiati. Anche suo nipote Nicola ha scelto la Cattolica per la sua laurea triennale e l’ha riconfermata con piena convinzione per la magistrale. Entrambi alumni della Facoltà di Lettere raccontano le importanti esperienze formative vissute nei collegi dell’Ateneo, le opportunità avute studiando in un ambiente stimolante e l’orgoglio di sentirsi parte della Community Alumni.


I ricordi sono nitidi, così come il senso di gratitudine e l’entusiasmo che sembra accompagnare ogni sua parola e pensiero. Liliana Gadaleta, che nel 1954 si laureò in Filosofia con Francesco Vito – il professore che nel 1959 divenne Rettore dell’Università Cattolica, succedendo al suo fondatore padre Agostino Gemelli – è un fiume in piena quando racconta i suoi anni di studio in Cattolica: «Gli anni dal ’49 al ’53 sono stati i più belli della mia vita, nonostante le ristrettezze economiche del Dopoguerra».

Anni ricchi di incontri importanti che le hanno cambiato la vita e il modo di intendere la vita. L’alumna Liliana, classe 1931, ricorda ancora oggi con grande stima le tante significative personalità conosciute quando era una semplice studentessa universitaria: «La docente che più mi ha aiutata ad orientarmi è stata Sofia Vanni Rovighi, che insegnava Filosofia medievale e morale, donna coraggiosa e particolarmente rispettosa nei confronti dei suoi allievi. I suoi esami erano molto meticolosi duravano circa due ore ognuno, tanto che talvolta si fermava, andava a fare due passi, a prendersi un caffè, e poi riprendeva dicendo che la sua stanchezza non deve danneggiare il corso dell’esame. Una buona lezione per un futuro insegnante!» afferma Liliana che, sicuramente, avrà tenuto presente, e forse applicato, nella sua vita professionale da insegnante tale lezione. 

Ma i ricordi di Liliana si fanno appassionati quando rievoca la figura di monsignor Francesco Olgiati «è stato il primo che ho ascoltato mentre ero ancora una matricola quasi in crisi, ed è stato un professore davvero paterno. Ci invitava a casa sua in gruppi di due o tre e ascoltava le necessità di ogni studente, specialmente di quelli che erano più lontani da casa, come me. Appreso che ero pugliese, mi assegnò una tesina su Pitagora e sulla città di Metaponto».

Laurea Liliana Gadaleta con famiglia 1954

E la galleria dei docenti indimenticabili continua con la professoressa Giuseppina Pastori, con monsignor Piero Zerbi e con monsignor Amato Masnovo, docente di Filosofia tomistica: «Un uomo che sentiva profondamente l’insegnamento tomistico e lo si vedeva anche nel suo modo di esprimersi. Mi chiamava La figlia del sud, era molto dolce. A me sembrava che, intimamente, egli si sentisse come un uomo del medioevo a Parigi. Quando aveva in mano la penna stilografica, la impugnava come una penna d’oca, da intingere nella boccetta d’inchiostro». Altre presenze importanti per l’alumna Liliana sono state il professor Gustavo Bontadini che arrivava in università sempre in bicicletta e insegnava Filosofia allargando gli orizzonti al di là della terribile barriera che, a quei tempi, esisteva tra laici e cattolici» così come Mario Apollonio, docente di Letteratura italiana, che «non si limitava agli scrittori italiani, ma ci faceva conoscere anche la letteratura europea: i romanzi francesi, gli autori tedeschi, quelli russi ed altri ancora ed anche scrittori di teatro. I suoi esami erano più che altro una conversazione, egli infatti sosteneva che lo studente si deve giudicare per quello che sa e non per quello che non sa».

Gli insegnamenti preziosi di tutti questi autorevoli professori paiono rivivere nelle parole di Liliana che, a distanza di tanti anni, non ha dubbi infatti nell’individuare «in uno studio scientifico e aperto del mondo religioso» il valore aggiunto di essersi laureata nell’Ateneo del Sacro Cuore.

Maria Pia Alberzoni e Liliana Gadaleta, 2018

Uno studio trasversale a molte discipline, che dava origine a un vivace clima intellettuale animato da personalità giovani ma già rilevanti come racconta Liliana: «In università eravamo un gruppo molto eterogeneo, le ragazze erano poche, ma c’era Nino Andreatta, Paolo Prodi, Edmondo D’Alfonso, Virgilio Melchiorre, Ciriaco de Mita, Umberto Pototschnig, Domenico Lofrese di Acquaviva delle Fonti, divenuto poi il Direttore della Biblioteca, Ruggero Orfei e don Mario Giavazzi, Direttore del Collegio Augustinianum. Egli ci ricordava che al suo paese, Bergamo, erano stati “educati alla libertà”, cosa per me molto interessante e sorprendente, visto che lui era un sacerdote con responsabilità. Tutti sentivano molto il clima preparatorio al Concilio Vaticano II, di cui nessuno aveva una lontana idea che fosse possibile».

Fondamentali per l’allora studentessa della Cattolica erano inoltre gli incontri che si tenevano, alla sera, in Largo Corsia dei Servi dove si ritrovavano: don Zeno Saltini di Nomadelfia, padre Turoldo, don Primo Mazzolari, il professor Giuseppe Lazzati e Giuseppe Dossetti. «Erano incontri molto stimolanti, c’era tanta vivacità, si capiva che tutti questi giovani non studiavano solo pensando alla loro carriera, ma si preparavano a cambiare qualcosa nella vita sociale e politica. Fu per me una vera fortuna vivere un periodo così interessante».

Nicola Gadaleta, Mirella Ferrari e Liliana Gadaleta, 2016

E proprio in virtù di quel clima positivo e stimolante in cui ha studiato e grazie alle tante esperienze formative vissute in Cattolica che Liliana si dice certa di aver portato nel suo lavoro - come insegnante per trentasei anni nelle scuole superiori – «quello stile molto avanzato che avevo assorbito per quattro anni, vivendo lontana da casa. Uno stile, un approccio che mi ha creato non poca fatica e anche un certo distacco dalla società, molto conformista e statica, del mio paese natio in Puglia». Una società e una realtà di paese che sicuramente Liliana aveva già stupito quando aveva deciso di immatricolarsi in una università milanese, molto lontana da casa e dalla famiglia.

Un gesto “non comune”, “contro corrente”, una “scelta coraggiosa” decisamente per una ragazza del sud Italia negli anni ’50. Ma che non aveva incontrato troppi ostacoli in famiglia; il papà infatti - pur pensando che il diploma liceale fosse abbastanza perché la figlia, la terza di sei figli, potesse aiutarlo nel suo negozio di elettrodomestici – acconsentì facendo presente che non potendo mantenerla negli studi le avrebbe pagato solo il viaggio per il capoluogo lombardo: «poi quando sei lì cercati un lavoro e vai all’università».  E questo perché, come ricorda con affetto Liliana: «Mio padre, come anche mia madre, era entusiasta di Milano, leggeva assiduamente La domenica del Corriere, aveva anche pensato di stabilirsi lì, era molto diverso dagli uomini del mio paese».

Laurea Nicola Gadaleta 2018 (al centro Liliana Gadaleta)

«Fu mia sorella Maria, più grande di me e maestra da qualche anno, che mi promise un aiuto economico. Io inoltre avevo una borsa di studio del liceo a cui se ne aggiunse poi un’altra ricevuta dall’Università Cattolica» rammenta sempre Liliana, che tra i suoi ricordi più cari ha quelli legati al Collegio Marianum, dove alloggiò da studentessa e dove ritornò per una visita, due anni fa, in occasione dell’80esimo compleanno del Collegio. «Alloggiavo al Marianum con altre sei ragazze, dormivamo in una grande camera, dove i letti erano separati da tende interposte; per mantenermi trovai un lavoro di copisteria presso il professor Giacomo Bascapè. Dovevo ricopiare dei grandi registri seicenteschi del vescovo barnabita Carlo Bascapè di Novara, antenato del professore. Questo lavoro di maneggiare vecchie carte e decifrare le più varie scritture, mi ha aiutato molto quando scrissi la mia tesi di laurea. Ogni tanto facevo la baby-sitter o altri lavoretti, insomma mi arrangiavo». Ma è legato alla Direttrice del Collegio, Mea Tabanelli, uno dei ricordi più cari dell’ex Marianna Liliana: «Mi vide arrivare da sola a Milano, dopo un viaggio di ben ventitré ore, e mi trovò sorridente, invece che piangente come le mie compagne meridionali; si meravigliò e mi accolse con gran piacere». Il collegio, come l’università, ha rappresentato, senza dubbio, per Liliana un luogo ricco di opportunità di crescita personale per i momenti di vita condivisa e per le relazioni vissute: «Ha cambiato completamente la mia vita, allargando straordinariamente gli orizzonti morali, culturali e religiosi».  

Un’esperienza forte e vera che è ritornata nella vita di Liliana attraverso suo nipote Nicola che si è laureato, nel 2018, anche lui alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica e che ricorda con orgoglio i suoi anni al Collegio Augustinianum dell’Ateneo dove ha vissuto e lavorato come Aiuto Direttore. «Onestamente all’inizio ero molto dubbioso sulla scelta del collegio. Ricordo che mia nonna era stata molto contenta quando aveva saputo che ero stato ammesso al Collegio Augustinianum e forse proprio allora iniziò a raccontarmi la sua esperienza da collegiale. Sino a quel momento, però, il Collegio era stato, per me, rappresentato da una vecchia cartolina del Marianum - risalente agli anni 50 - che nonna teneva appesa in camera sua e quindi, con tutta l’ingenuità di un ragazzo appena uscito dal liceo, temevo fosse una struttura “chiusa”, una sorta di seminario con sole regole ed obblighi da rispettare» spiega Nicola che invece poi si ricredette subito. «Vivendo il collegio e scoprendone la storia, ho compreso ciò che intendeva padre Agostino Gemelli quando scriveva che “il collegio universitario deve formare il giovane universitario; deve cioè dare allo studente universitario ciò che non gli dà l’Università; per converso l’Università ha il vantaggio, nel fondare adatti e propri collegi, di avere giovani che, in mezzo ai loro compagni, costituiscono altrettanti centri di irradiazione di buon esempio e di influenza benefica”. Non un semplice dormitorio quindi, ma un luogo che ti “educa alla libertà”, come raccomandava sempre don Mario Giavazzi - storico Assistente Spirituale e Direttore dell’Augustinianum -; non un posto chiuso, ma un’esperienza che mette a frutto i tuoi talenti e ti permette di coltivarli».

Nicola Gadaleta e Nicolangelo D'Acunto, 2021

«Se infatti sono stato ammesso in Collegio – fa presente l’ex agostino Nicola - è stato perché facevo teatro e grazie ai numerosi progetti dell’Assistente Pastorale, don Daniel Balditarra, ho potuto continuare a praticarlo sino a dirigere la compagnia teatrale con tre mie produzioni. Prezioso è stato inoltre l’arricchimento ricevuto dalle conferenze, dai seminari, dai pellegrinaggi, dai viaggi come quello in Terra Santa, sino ai più semplici dibattiti o occasioni di svago insieme con i miei compagni di Collegio, che oggi posso ancora annoverare tra i miei più cari amici». Ma c’è un aneddoto che Nicola ci tiene a raccontare a dimostrazione di quanto sia stato importante il tempo trascorso e vissuto in Cattolica: «Mia nonna mi diceva che spesso di notte le capitava di sognare quei magnifici anni universitari e che il ricordo fosse, inevitabilmente, intriso di forte nostalgia. Mi ha fatto molta impressione quando la medesima cosa è successa anche a me e spesso continua a ripresentarsi».

Un secondo fattore che unisce il percorso universitario degli alumni Liliana e Nicola è il forte attaccamento alla comune città d’origine: Molfetta. Liliana, infatti, si è laureata con una tesi dal titolo “Ricerca sulla realtà economica in Puglia con particolare riguardo alla proprietà terriera. Molfetta nel 1813 e nel 1953” mentre Nicola ha discusso la sua tesi magistrale sul tema “Vescovi e capitolo cattedrale a Molfetta nei secc. XIV e XV (1386-1495)”, entrambi hanno approfondito la storia della città di Molfetta, nonna Liliana da un punto di vista economico-sociale, il nipote Nicola invece privilegiando il lato ecclesiastico-istituzionale. A proposito Liliana ricorda di quando si presentò dal suo relatore, il professor Francesco Vito, docente di Economia politica, con il titolo per la tesi già pronto ed egli «mi disse che per uno studio sui catasti murattiani del 1813 nel mio paese sarebbe stato utile che mi rivolgessi anche a studiosi di Bari, come Vincenzo Masi. Un grande aiuto lo ricevetti anche dal bravissimo professor Siro Lombardini, allora assistente di Vito”.

A fronte di questa comunanza di studi il nipote si è spesso domandato se ciò “non fosse un modo, seppur velato, di voler applicare le conoscenza apprese in Cattolica all’interno del contesto e del territorio in cui erano vissuti e cresciuti».

Perché sicuramente, per entrambi gli alumni della Facoltà di Lettere e Filosofia, gli anni di studio nell’Ateneo del Sacro Cuore hanno rappresentato tappe fondamentali di un doppio percorso di crescita e formazione accademica e spirituale. Nicola, infatti, dopo la laurea triennale, non ha avuto dubbi nel voler continuare a studiare in Cattolica per la sua magistrale. Una scelta dettata dal bisogno di completare, dopo il triennio, una preparazione altamente qualificata e sicuramente gratificata dai tanti docenti conosciuti che sono stati, molto spesso, veri punti di riferimento. Alla professoressa Mirella Ferrari, allieva del professor Ezio Franceschini e oggi emerito di Letteratura latina medievale, Nicola è infatti grato per «l’apprendimento di un metodo rigoroso d’indagine, l’attenzione a non sottovalutare neanche il benché minimo dettaglio ed infine la forza d’animo nel saper condurre la propria ricerca con tenacia ed entusiasmo. Tutto ciò l’ho imparato nei mesi di preparazione per i suoi esami e poi nella scrittura della tesi triennale». Così come a Maria Pia Alberzoni, docente di Storia medievale e relatrice della sua tesi magistrale, l’alumnus Nicola - oggi dottorando presso la Scuola Superiore di Studi Storici dell’Università di San Marino – non può essere che grato per averlo indirizzato “con grande sapienza” lungo i suoi attuali temi di ricerca di dottorato. Alla professoressa Alberzoni è riconoscente inoltre per «la possibilità di aver svolto due esperienze di ricerca all’estero, in Germania, che si sono rivelate fondamentali per i miei studi. La prima alla Katholische Universität di Eichstätt-Ingolstadt, la seconda presso la Bergische Universität Wuppertal, dove attualmente lavoro come collaboratore scientifico della cattedra di Storia medievale».

Per «aver appreso un metodo innovativo nell’interpretazione delle fonti e una nuova lente nell’analisi dei fenomeni storici, secondo le tendenze della medievistica odierna» Nicola si sente di dover invece ringraziare il professor Nicolangelo D’Acunto, supervisore scientifico al Centro Universitario Cattolico dove tutt’oggi è borsista. Sono tanti i legami che ancora uniscono l’alumnus Nicola alla sua Università: dal ricordo dei docenti alla collaborazione con l’Istituto Toniolo di Studi Superiori come delegato dell’Ateneo nella diocesi di provenienza, all’appartenenza all’associazione Agostini semper degli ex studenti del Collegio Augustinianum.

Le testimonianze di nonna Liliana e di suo nipote Nicola rivelano entrambe come una laurea in Cattolica – seppure in anni ed epoche diverse – sia un forte strumento di affermazione nella realtà sociale e professionale e rappresenti un patrimonio di valori e conoscenze in grado di unire generazioni e aprire al mondo.


(nella foto grande in alto: Laurea Liliana Gadaleta, 1954)

Un articolo di

Graziana Gabbianelli

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