Due grandi maestri della cultura italiana, Gianfranco Contini e Carlo Dionisotti, sono stati i protagonisti del sesto incontro del ciclo “Grandi maestri di fronte a Dante” moderato dal professor Nicolangelo D'Acunto.
A Claudio Ciociola, professore emerito della Scuola Normale di Pisa, è toccato il compito di mettere in evidenza come la lunga fedeltà di Contini a Dante si fosse iniziata e conclusa con due contributi fondamentali legati ai testi dell'Alighieri. Tale è il precocissimo quanto fortunato commento alle Rime pubblicato da Einaudi alla fine del 1939, ma già pronto nell’estate del 1938, quando il curatore aveva solo ventisei anni; all’edizione e al commento del Fiore e del Detto d’amore Contini si dedicò negli ultimi anni della sua vita, fornendo argomenti importanti per la loro attribuzione a Dante. Per quanto riguarda la Commedia, invece, Ciociola vede una sorta di rielaborazione della distinzione crociana tra poesia e non poesia, quando Contini distingue tra la struttura generale dell'opera, lontanissima dalla sensibilità dei moderni, e la perdurante fascinazione esercitata dalla pagina dantesca a prescindere dall'ordito della fabula o, per usare le parole dello stesso studioso "dello scarto tra il ‘libretto’ remotissimo e l’enorme attrazione di ogni pagina singola, stralciata e letta in rallentato". Proprio per questo Contini, pur avendo rivestito un ruolo di assoluto rilievo nella dantistica ufficiale, si mostrava freddo verso gli arabeschi della tradizione esegetica di matrice positivistica, messa alla berlina nell'associazione dei Dentisti-Dantisti di pasoliniana memoria, che secondo lui rischiava di compromettere l'immediatezza con cui il lettore contemporaneo si accosta alla Commedia. Per Contini secondo Ciociola la Commedia andava letta come un "libro di poesia, se non proprio livre de chevet, e non in quanto inderogabile e fastidioso penso imposto dalla tradizione".