«La meraviglia è un’emozione epistemica perché genera conoscenza, attiva in noi la voglia di espandere i nostri confini» racconta Giuseppe Riva, docente di Psicologia generale e di Psicologia della comunicazione e direttore di HTLab, il laboratorio dell’Università Cattolica che investiga il rapporto tra esperienza umana e tecnologia. «La meraviglia ha due facce molto diverse, in italiano sono rese dalla stessa parola ma gli americani utilizzano il termine wonder, la meraviglia positiva che fa scaturire voglia di emulazione, e awe, quella meraviglia che genera stupore ma anche paura. Ecco, l’Intelligenza Artificiale genera awe, perché non la capiamo».
Nella Sala Buzzati della Fondazione Corriere della Sera, durante il dialogo moderato da Massimo Sideri, editorialista del quotidiano milanese, Riva spiega che «ChatGPT non ha meraviglia, perché la meraviglia nasce dalla sorpresa mentre ChatGPT usa la probabilità, ciò che ci dice è prevedibile». Le risposte che ci fornisce non sono casuali, ma «frutto della previsione che fa la tecnologia», e sarà «tanto più precisa quanto più l’accesso alla base dati sarà vasto». Al contrario, la meraviglia ha un ruolo centrale nella nostra esistenza perché «ci permette di uscire dal quotidiano», prosegue Riva. «Ciascuno di noi tende a rimanere nella propria zona di comfort perché ci dà sicurezza. Andiamo a prendere il caffè in un certo bar perché sappiamo che lì il caffè ci piacerà. Facciamo cose che riusciamo a prevedere. Il problema è che a furia di non rischiare, e di non voler andare oltre la comfort zone, non cresciamo. Andare oltre la zona di comfort ha un costo, ed è la meraviglia che ci dà la forza di sostenere questo costo. Nella storia dell’uomo, è sempre stato uno degli elementi che ha permesso alla cultura di evolvere, e alle persone di affrontare sfide che all’inizio sembravano impossibili».
«Il mio nipotino ha undici anni, e come tutti i bambini gioca con i videogiochi» racconta Peyron. «Purtroppo, tifa la Juventus, e sceglieva sempre Cristiano Ronaldo (sorride, ndr). Sogno un videogioco in cui a un certo punto Ronaldo si fermi, si giri e gli dica: “Nico, adesso basta, vai a giocare in cortile, ci vediamo tra cinque ore”. L’immaginazione nasce dalle nostre ferite e dalle carezze che ci vengono date, dal desiderio di essere significativi per qualcuno. Se non ci educhiamo all’idea che essere significativi è molto diverso dall’essere performanti, riduciamo l’essere umano a macchina, a numero, a statistica». Eccolo, il segreto per continuare a meravigliarsi ai tempi dell’Intelligenza Artificiale. È nell’alleanza tra umano e macchina.