Ci può essere magia, nel calcio. È quella che fa commuovere per una vittoria, o piangere di rabbia per un rigore mancato. Che fa cantare insieme l’inno nazionale, o vincere all’Atalanta l’Europa League.
Da dove nasce, questa magia? Dal talento, certo, che «è importante, va riconosciuto e valorizzato, ma non basta: va coltivato con costanza e determinazione e affiancato a qualcosa di imprescindibile, la gioia di giocare». La gioia di giocare che insieme a valori di fondo condivisi, creano la squadra che sa far sognare. Esordisce così il commissario tecnico dell’U21 di calcio, Carmine Nunziata, intervenuto alla Cattolica di Piacenza per l’incontro “Crescere uomini capaci di giocare”, promosso dalla Facoltà di Scienze della formazione dell’ateneo e dalla FIGC Piacenza. «Un allenatore dev’essere anche e soprattutto un educatore: rispetto, condivisione e lealtà sono valori fondamentali da trasmettere, che i ragazzi si porteranno dietro per tutta la vita e che li renderanno atleti, ma soprattutto persone, migliori».
Ne sa molto di giovani e di come allenarli il ct Nunziata: dal 2012 in Figc, ha allenato in pratica tutte le nazionali giovanili, giocando due finali europee con l’Under 17 e una finale mondiale con l’Under 20. Tutte purtroppo perse: «E’ il mio grande cruccio, all’interno di un’esperienza in generale bellissima. Perché lavorare in federazione e farlo con i giovani, mi appaga davvero fino in fondo». Un altro cruccio espresso dal ct è che: «rispetto ad altri Paesi, in Italia le ore dedicate dai giovani al calcio sono sempre meno: troppi impegni, troppe cose da fare. Non si vedono più i cortili degli oratori pieni di bambini che giocano in libertà due-tre ore al giorno». Quell’epoca è finita.
Ad introdurre i lavori in Cattolica, il professore Daniele Bruzzone, della facoltà di Scienze della formazione. che ha parlato del valore formativo dell’attività sportiva «non si diventa davvero adulti se non impariamo a sfidare i nostri limiti, se non impariamo a collaborare, se non sappiamo giocare insieme agli altri». Angelo Gardella, delegato provinciale FIGC, ha poi passato la parola a Fabrizio Ferron preparatore dei portieri U21, che si è rivolto al pubblico composto prevalentemente dai giovanissimi sportivi delle squadre di calcio della città: «Venire qui mi ricorda come ho iniziato, nella squadra di calcio del mio paese – ha detto– dove a noi ragazzini si insegnava a giocare, e ti divertivi a passare la palla e a non essere giudicato, perché la partita non la vince e non la perde il singolo giocatore. Questa è un’altra parte importante che, quando si cresce, si perde: purtroppo nel calcio che conta è sempre più facile trovare un colpevole, invece di risolvere le situazioni”. Anche Ferron ha insistito sulla gioia da provare mentre si gioca, che in lui è rimasta intatta anche quando ha avuto la fortuna più grande, «far diventare la mia passione il mio mestiere, un privilegio incredibile”. Un sogno realizzato con “impegno, fatica sana, e umiltà”.
Simone Alberici, presidente Crer e vicepresidente del settore giovanile e scolastico nazionale, parte proprio dal valore formativo e aggregativo dell’attività sportiva, svolta anche a livello dilettantistico. «Ne abbiamo avuto prova lampante – ha detto – quando abbiamo dovuto farne a meno, durante il covid. In questa occasione è emersa l’importanza dello sport anche nella promozione della salute tra i giovani, come hanno dimostrato i dati raccolti sull’aumento dell’obesità infantile e giovanile».