Metà dell’anno lo passano in Italia, quando la maggior parte delle gare sono in Europa. Si allenano al Forum di Assago, con la società bergamasca IceLab. In primavera e in estate si spostano in Connecticut, a 14 ore e mezza di volo da Milano. «Il nostro team è composto da due squadre, in parte in Italia e in parte in America» racconta Noemi. «Siamo un grande team, entrambe le coppie di allenatori ci aiutano moltissimo, dandoci diversi spunti su quello che possiamo e dobbiamo fare: creare nuove figure, nuovi lift, far collimare i nostri movimenti. Io e Noah venivamo da due mondi diversi: io dalla grande scuola italiana del pattinaggio, lui da quella americana. Abbiamo dovuto far convergere i nostri stili, ma adattarci l’uno all’altra è stato molto più facile di quello che pensavo. E questa è stata la nostra fortuna, perché nel pattinaggio avere diverse prospettive è ottimale per la crescita di ognuno».
Inutile chiederle a chi si ispira, la risposta è quasi scontata. «La grazia e bellezza sul ghiaccio di Carolina Kostner ti rimangono nella testa», risponde. Il percorso è ancora lungo, e la buona notizia è che «la cosa che mi piace di più è la grande potenzialità che ho di migliorare ancora». In quali aspetti, tecnici o mentali? Presto detto: «Alla fine della stagione ho riguardato i video di inizio anno, e ho visto quanto è cambiato il livello del nostro pattinaggio, l’espressività, la capacità di coinvolgere il pubblico e il modo in cui siamo in sintonia sul ghiaccio. Pattinare è la cosa che so fare meglio nella vita. Anche se spesso i movimenti sono ripetuti quasi all’infinito, solamente quella sensazione che vivo quando scivolo muovendo il corpo con la musica è pura libertà».
Ora è tempo di volare in Connecticut, dove si allenerà fino a settembre. Tornerà in Italia a giugno, per dare qualche esame. «Ho scelto l’Università Cattolica perché questo corso di laurea triennale è perfetto per me» spiega Noemi. «Le lezioni registrate, che rimangono a nostra disposizione per qualche giorno, sono fondamentali per permettermi di studiare. Anche con il fuso orario americano e gli orari degli allenamenti. La classe è più piccola, c’è più connessione con i professori. E io, quando posso, vengo a lezione perché sento il bisogno del confronto anche con i miei compagni, che non troverei in una università telematica».
Intanto, però, le priorità sono ben chiare. Il sogno autentico si chiama Milano-Cortina 2026. «Una possibilità c’è» racconta Noemi. «È troppo presto per dirlo, ma noi sogniamo di esserci. Nessun atleta, del resto, farebbe diversamente, avendo le prossime Olimpiadi inverali in casa. Quello che possiamo fare, in questi mesi di preparazione per la prossima stagione, è mettercela tutta per far capire a tutti quanto siamo determinati, nonostante siamo molto giovani e il 2025/2026 sia la nostra prima stagione da senior».
Concretamente, però, cosa deve accadere per viverlo davvero, questo sogno? «Dipenderà dalle gare di qualificazione alle Olimpiadi» risponde. «Se l’Italia riuscirà a qualificarsi per avere un secondo posto in gara, oltre a quello che quasi sicuramente sarà di Charlene Guignard e Marco Fabbri (due medaglie ai Campionati del mondo, quattro ai Campionati europei e più di dieci ai Grand Prix, ndr), noi vogliamo giocarci tutte le nostre carte». Per non smettere di sognare. Come su quel podio, da bambina, con una medaglia al collo e l'Inno di Mameli da cantare a squarcia gola.