Dopo i saluti istituzionali del Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, professor Franco Anelli, ha preso la parola il professor Saverio Gentile, che ha ripercorso in sintesi gli eventi salienti del processo giuridico e storico che ha reso possibile la persecuzione e lo sterminio degli ebrei.
«Dentro la lucida pazzia che portò ai campi di concentramento ci fu un concatenarsi di fatti e azioni. Il bisogno di difenderci intellettualmente e moralmente da queste situazioni permane. Sono occorsi più di 50 anni perché l'antisemitismo italiano fosse riconosciuto» ha ricordato Gentile «Il virus dell'intolleranza è ancora ben presente nella nostra società. Riflessioni come quelle di oggi non sono un guardare alla storia, ma un tentativo di insistere per cercare di costruire le migliori coscienze per il futuro».
Carla Antonini, direttrice dell’Istituto di Storia contemporanea di Piacenza, ha calato nello scenario piacentino la discriminazione razziale e la deportazione realizzatesi tra il 1938 e il 1945 «122 persone, gli ebrei del Piacentino classificati secondo il criterio biologico-razziale. Pienamente integrati nel tessuto sociale, economico e politico, cercarono di resistere in un contesto concretamente antisemita, dove la passività della popolazione fu sostenuta dalla diffusione dell’ideologia razziale attraverso i media e la scuola». Una storia non diversa da quella del resto d’Italia e d’Europa. La parola chiave per prevenire, per evitare che possa ancora accadere, risiede nella responsabilità «delle Istituzioni e delle singole persone».