L’omelia dell’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, in occasione della celebrazione eucaristica di apertura dell’anno accademico del Centenario.
La spiritualità delle matricole.
C’è una grazia speciale e una fatica specifica in ogni inizio. Le matricole in questo tempo di pandemia hanno avuto una idea strana della vita universitaria. Ma io non intendo fermarmi alla descrizione. Mi azzardo invece a ispirarmi alla pagina del Vangelo per mettere in evidenza qualche tratto della spiritualità della matricola e in genere dello studente universitario.
Il Vangelo, infatti, parla di un inizio e può illuminare ogni inizio.
La spiritualità delle matricole comporta il cammino dal pregiudizio allo stupore. Il pregiudizio è una forma di pigrizia e di inerzia; si nutre di luoghi comuni; ama ripetere invece che pensare; si accontenta di studiare invece che capire. Il pregiudizio non smette mai tratti di arroganza e non nasconde la presunzione di “sapere già”. Come Natanaele: Da Nazaret può venire qualcosa di buono?
Lo stupore è quella semplicità di riconoscere l’aprirsi di strade, il dilatarsi di orizzonti, l’azzardo di affidarsi, la gioia di trovare saperi ignorati e bellezze che chiedono tempo e umiltà per essere riconosciute. Sì, da Nazaret viene qualcosa, viene l’invito affidabile, buono lieto a mettersi in cammino. Il percorso universitario non vuole solo preparare buoni professionisti perché siano a servizio del sistema, ma vuole accendere un desiderio, un senso critico, una capacità di distinguere il bene e il male, proprio lì, nella competenza necessaria, nel sapere utile, nella disciplina che mi è costata tanta fatica.
La spiritualità delle matricole comporta il cammino che trasforma da osservatore esterno a protagonista che si fa avanti.
L’osservatore esterno è quello che sta a guardare, che sta in panchina: osserva e giudica senza essere in campo a sudare e a divertirsi. L’osservatore esterno regala al mondo un’occhiata, ma non si lascia prendere da ciò che vede e dalla gente che incontra.
Il protagonista che si fa avanti è quello che si scopre coinvolto, conosciuto, chiamato a mettersi in cammino per condividere l’impresa. Come capita a Filippo che si sorprende: “come mi conosci?”. Il percorso universitario in Università Cattolica non intende solo consegnare volumi noiosi che staranno poi negli scaffali per una vita, ma far crescere un senso di stupore per il coinvolgimento che le conoscenze comportano, un senso di responsabilità per il mondo in cui viviamo.
Insomma la spiritualità della matricola si può chiamare anche la riposta alla vocazione: chiamati a riceve il dono inatteso da Nazaret e chiamati a mettersi in cammino per rendere migliore quel pezzetto di mondo che i laureati dell’Università Cattolica sono chiamati ad abitare.
La spiritualità degli accademici.
Non so quali percorsi conducano a coprire incarichi nei diversi livelli dell’Università. Mi immagino complicatissimi e logoranti percorsi fatti di imprese senza gloria, di studi senza riconoscimenti, di anni di magri ricavi, di serie di gradini che sembrano non finire mai, fino a che qualcuno finalmente riesce, infine, a giungere alla meta sospirata.
Dalla lettura degli Atti degli Apostoli si può ricavare qualche spunto per la spiritualità degli accademici. La metodologia usata nella prima comunità dei discepoli per completare il numero del collegio apostolico è forse un po’ sorprendente e non credo sia raccomandabile tirare a sorte per scegliere le autorità accademiche.
Tuttavia questa pagine degli Atti può suggerire qualche spunto anche per accademici e aspiranti accademici in Università Cattolica.
Il primo tratto per la spiritualità degli accademici è la gratitudine. L’immagine del “tirare a sorte” può suggerire che Mattia si inserisce nel collegio apostolico per grazia di Dio. Così ciascuno di noi può riconoscere che tutto è grazia. Sì, certo ho faticato, ho studiato, mi sono dato da fare, ma in fin dei conti sono qui per grazia di Dio. Altri forse l’avrebbero meritato come me. Altri forse l’hanno desiderato più di me. A me è stato dato, a me è stato dato di avere condizioni favorevoli, coincidenze provvidenziali, situazioni familiari e di salute che mi sono state propizie. Ciascuno, rileggendo la sua storia, è invitato alla gratitudine.
Il secondo tratto della spiritualità degli accademici è la responsabilità per la missione. Come per Mattia: è stato scelto perché uno divenga testimone, insieme a noi, della risurrezione di Gesù. Coloro che in Università cattolica assumono incarichi di responsabilità sono chiamati non soltanto a essere i docenti o gli amministratori migliori possibili, onesti, efficienti, competenti, ma anche a svolgere il loro compito in modo che sia seminata la speranza. Hanno da far intravedere e da testimoniare una visione del mondo che non suggerisca la rassegnazione, ma alimenti un desiderio di vita eterna e perciò di vita santa nel quotidiano più ordinario. I testimoni della risurrezione non sono tanto quelli che la predicano, ma quelli che custodiscono una riserva inesauribile di gioia e di fiducia, di disponibilità al sacrificio, al perdono, alla compassione: si sono infatti lasciati convincere che proprio la via percorsa da Gesù è quella che porta alla risurrezione.
Forse la Celebrazione Eucaristica nel giorno dell’inaugurazione dell’Anno Accademico del Centenario avrebbe meritato una omelia più solenne, arricchita da citazioni di parole memorabili di santi e poeti, di papi, vescovi e maestri.
Non sono tanto bravo nelle citazioni e sono sempre molto condizionato dalla Parola di Dio proclamata. Non riesco ad andare molto oltre quello che sta scritto. Mi sono pertanto limitato a qualche spunto provocato dalle letture. Mi sembra però che possa andare bene anche così: che questo anno centenario, in questo contesto così strano e complicato, faticoso e tribolato non si viva con la solennità della celebrazione soddisfatta dei risultati conseguiti, ma piuttosto come l’umile, operosa, fiduciosa accoglienza della Parola che chiama a conversione, per seguire Gesù perché si compia la sua parola: Vedrai cose più grandi di queste … in verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo. Ecco, cose più grandi: il Sacro Cuore.