Donare fa bene. Alla mente, all’umore, perfino alla salute. Vedere per credere, basta un click su Rosso, la piattaforma digitale creata per avvicinare le nuove generazioni alla donazione del sangue, affinché la vedano come un’opportunità per aiutare gli altri ma anche come un modo per prendersi cura di sé. Rosso sensibilizza a donare il proprio sangue, ne semplifica il processo e si rivolge soprattutto ai giovani. Quelli che, dati alla mano, dopo la pandemia stanno diminuendo il numero di donazioni di sangue.
E allora l’idea giusta non può che arrivare proprio dalla Generazione Z. O meglio, da due giovanissimi, Chiara Schettino, classe 2001, e Filippo Toni, 17enne ancora tra i banchi del liceo scientifico. Entrambi già con le idee molto chiare, e un’ottima esperienza, considerata l’età, in fatto di start-up. «Rosso nasce da una storia personale, non solo la mia, ma quella di tutti quei pazienti che si sono trovati ad aspettare per ore e ore le sacche di sangue per fare le trasfusioni» spiega nel campus di Cremona Chiara Schettino, co-founder di Rosso e protagonista di una delle testimonianze che hanno aperto la Settimana del Dono, l’iniziativa che vuole far riflettere l’intera comunità universitaria sul valore del dono, a livello sociale e relazionale.
«Quando avevo 15 anni mi sono appassionata agli hackathon, perché ti allenano ad affrontare sfide di progettazione e situazioni reali in un tempo ben determinato» racconta Chiara. «Così è stato anche quando, da paziente, aspettavo le trasfusioni per molto tempo». C’era un problema e bisognava risolverlo, o almeno provarci. «Molte business ideas nascono con un processo reattivo: mi succede qualcosa, percepisco un bisogno e provo a sviluppare il mio spirito imprenditoriale per soddisfare quel bisogno» spiega Fabio Antoldi, coordinatore della laurea magistrale in Innovazione e Imprenditorialità digitale.