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Scienze politiche e sociali: «Saper governare il cambiamento»

22 luglio 2021

Scienze politiche e sociali: «Saper governare il cambiamento»

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«Noi rimaniamo fedeli alla tradizione scientifica secondo la quale l’indagine del fenomeno politico non può essere esaurito senza residui da una sola disciplina scientifica. Concorrono alla comprensione della politica gli studi storici, quelli filosofici, quelli giuridici e quelli socio-economici». Le parole di Francesco Vito, già preside di Scienze politiche e poi rettore dell’Università Cattolica, risalgono agli anni Sessanta, ma appaiono quanto mai attuali. Lo sa bene il preside di Scienze politiche e sociali, Guido Merzoni, che ha raccolto l’eredità di illustri predecessori, tra cui, oltre al già citato Vito, Michele Boldrini, Gianfranco Miglio, Alberto Quadrio Curzio, a cui si aggiunge Michele Colasanto che guidò la facoltà di Sociologia.

Oggi il preside declina le parole di Vito con tre termini: «Interdisciplinarietà, internazionalizzazione ed esperienza di relazioni». Fili rossi che percorrono i corsi di studi proposti dalla facoltà, che, ricorda il preside, «pone le sue radici nel 1921, l’anno di fondazione dell’ateneo visto che accanto a quella di Filosofia venne attivata la facoltà di Scienze sociali, anche se non ottenne il riconoscimento giuridico dallo Stato italiano, che giunse solo anni dopo».

Anche Scienze politiche e sociali si trova in prima linea nel cambiamento d’epoca che la società e la politica - nazionale e internazionale - stanno vivendo. E l’interesse verso questo percorso «è crescente, come dimostra l’aumento dei nostri iscritti, a cui abbiamo risposto anche con un potenziamento della nostra offerta formativa, attivando, ad esempio, anche due corsi di laurea insegnati in lingua inglese» sottolinea il preside. Ma è proprio questo scenario «in continuo mutamento che ci ha convinto sempre di più a proseguire sulla via della interdisciplinarietà» spiega Merzoni. Di questa «necessità» parla anche Damiano Palano, direttore del dipartimento di Scienze politiche. «Occorre studiare in modo dinamico – spiega – e serve osservare il fenomeno che si studia sotto diversi aspetti. Non solo questo. È sempre più evidente che parlando di 'politica' nessuno può ragionare solo a livello nazionale, e anche la separazione tra pubblico e privato è diventata sempre meno netta. Persino i nostri studenti non hanno come obiettivo primario quello della politica in senso stretto, ma ampliano il loro sguardo». Ecco allora la necessità di fornire accanto «a una solida preparazione di base – chiosa il preside –, anche strumenti flessibili per interpretare al meglio il presente».

Tra questi strumenti coltivare l’aspetto dell’internazionalizzazione è fondamentale. «Aver scelto di fornire alcuni corsi in inglese – spiega Mario Maggioni, direttore del dipartimento di Economia internazionale delle Istituzioni e dello sviluppo – non intende solo dare una preparazione internazionale agli studenti italiani, ma è anche un’opportunità per studenti stranieri che vogliano venire a studiare in Italia. È la copresenza di questi due gruppi nella classe l’arma vincente, perché tutti possono ricevere grazie alla condivisione non solo di informazioni di prima mano su altre realtà, ma anche di culture diverse e a volte lontane. È una bella sfida anche per noi docenti». Di certo offre a tutti la possibilità di un approccio realistico sui temi d’attualità. Insomma è anche in questo che si gioca uno dei fili rossi della facoltà: l’esperienza delle relazioni. «È alla base della nostra filosofia – spiega Rita Bichi, coordinatrice del corso di laurea in Sociologia –. Al centro di tutto ciò che facciamo ci deve essere la persona. E quanto sia importante questa esperienza lo abbiamo sperimentato nel tempo della pandemia che ci ha fatto stare a distanza».

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Un articolo di

Enrico Lenzi

Enrico Lenzi

Giornalista "Avvenire"

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