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"Vino nuovo in otri nuovi"

15 gennaio 2024

"Vino nuovo in otri nuovi"

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(Letture: 1Sm 15,16-23; Sl 49; Mc 3,22-30)


La pagina di Vangelo che abbiamo ascoltato è una delle più efficaci nel descrivere la novità dell’insegnamento del Signore Gesù. Di fronte alle sue parole e ai suoi gesti molti si sono domandati, e si chiedono ancora oggi, se sia un conservatore o un innovatore, se abbia semplicemente rispolverato e aggiornato le tradizioni religiose ebraiche o abbia dato vita ad una nuova religiosità. È un dibattito che, dai giorni di Gesù fino ai nostri, non ha trovato ancora una valutazione compiuta e definitiva, ma è evidente che Gesù non si contrappone alla tradizione ebraica e si identifica chiaramente con il Messia da essa atteso. Ma nello stesso tempo testimonia l’assoluta novità della presenza divina e del regno di Dio nella storia che concretamente e realmente si compiono in lui.

Basta rileggere il capitolo cinque del Vangelo di Matteo per vedere come l’antica alleanza basata sui comandamenti non venga abolita ma portata a compimento dalla proclamazione delle beatitudini. Le sue parole non lasciano dubbi: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto (Mt 5,17-18). Nello stesso tempo, subito dopo, passando in rassegna le norme più importanti della legge mosaica indica in che modo vadano interpretate e realizzate per dare compimento alla novità del Vangelo.

Così, dal successivo v. 20 fino al v. 48, si snoda una lunga e precisa rivisitazione modulata sul passaggio dal «vi è stato detto… ma io vi dico» che culmina con il comandamento nuovo dell’amore nella misura dell’amore di Cristo e con l’invito a raggiungere la perfezione del Padre celeste: «Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5, 43-48).

Comprendiamo così la portata dei due esempi utilizzati da Gesù nel vangelo odierno per sottolineare che non si può solo ripetere abitudini e comportamenti tradizionali secondo la fatidica frase “si è fatto sempre così”, ma occorre far risplendere il vero significato di ogni gesto e adeguare i comportamenti alla novità del suo insegnamento e della sua testimonianza. Le due immagini usate da Gesù risultano così particolarmente efficaci nel dirci che chi vuole seguirlo non può non rinnovare, in modo chiaro e visibile, il suo stile di vita sia nei contenuti che nella forma.

Il primo esempio, incentrato sulla presenza dello sposo, ci dice che la relazione con Dio non è più mediata da regole e riti esteriori, ma si gioca sulla relazione sponsale, sulla concreta accoglienza del dono che Gesù ha fatto della sua vita a ciascuno di noi e sulla piena corrispondenza da parte nostra a questo legame che parte con il battesimo e si snoda per tutta la vita. La gioia di questo evento nuziale ci accompagna e caratterizza la vita del credente avendo come suo paradigma il mistero pasquale e come concreta dinamica esistenziale la stessa celebrazione eucaristica, memoria vivente della Cena del Signore e anticipazione del banchetto ultimo e definitivo. La valenza sponsale della relazione con il Signore emerge con evidenza dalla sua partecipazione alle nozze di Cana, secondo la suggestiva descrizione dell’evangelista Giovanni (Gv 2, 1-12) e nelle diverse parabole in cui fa riferimento all’evento nuziale (Lc 14,16-24; Mt 22,1-14).

La portata di questa novità emerge con particolare efficacia dalle altre due immagini usate da Gesù che non lasciano margini a mistificazioni e compromessi. La novità del Vangelo deve essere vissuta fino in fondo e ai contenuti devono corrispondere i contenitori: “vino nuovo in otri nuovi!”. Questo monito evangelico interpella oggi anche noi e ci provoca non meno di quanto accaduto per gli uditori di Gesù. Non possiamo pertanto esimerci dal chiederci che cosa significa per noi oggi un tale monito. Vorrei condividere con voi due ambiti su cui misurarci in modo concreto e reale con l’insegnamento del Signore.

In primo luogo la cura delle relazioni. Il tema è implicito nel rimando alla valenza paradigmatica del legame sponsale. Gesù ci ha insegnato il perdono, il rispetto, l’accoglienza e la valorizzazione dell’altro, la fraternità, il prendersi cura e l’amore che arriva a dare la vita… tutte dinamiche che oggi vediamo progressivamente corrodersi e scomparire dal nostro orizzonte di vita personale e sociale. Attingendo alla spiritualità eucaristica e assumendo con coraggio la logica evangelica del dare la vita dobbiamo saper generare dinamiche nuove che siano in grado di invertire la tendenza individualista e conflittuale che sta avvelenando la vita di tante famiglie, delle diverse componenti della società, della vita politica, fino ai rapporti internazionali dove la logica della contrapposizione e del conflitto finisce per distruggere ogni cosa come stiamo vedendo nel moltiplicarsi e radicalizzarsi dei focolai di guerra sempre più diffusi e devastanti.

Una comunità accademica non può restare indifferente di fronte a questi fenomeni che corrodono in profondità il tessuto sociale e pregiudicano pesantemente il futuro delle nuove generazioni. I giovani e anche i nostri studenti sono soggiogati da questo clima culturale che, per un verso, li spinge a perseguire solo il proprio interesse, mentre dall’altro sperimentano la fatica di dare un senso alle cose cedendo spesso allo scoraggiamento e vivendo un profondo smarrimento. Le nuove generazioni - lo sperimentiamo ogni giorno - sono portatrici di grandi energie e mosse da forti speranze ma spesso non trovano interlocutori e compagni di viaggio affidabili e disposti a mettersi al loro fianco con umiltà, competenza e passione.

“Vino nuovo in otri nuovi”, significa pertanto rilanciare anche nella nostra Università Cattolica un progetto educativo che sia capace di dare, oltre ai contenuti scientifici e professionali, il senso profondo della vita umana fondata sulla solidarietà e aperta ai valori spirituali. Il Vangelo resta da questo punto di vista un messaggio assolutamente innovativo e profetico che in ogni epoca attende interpreti coraggiosi, capaci di generare quegli otri nuovi, ossia spazi e ambienti, dove si possano coltivare relazioni di fraternità, di reciproca cura e di impegno concreto a servizio della giustizia, della solidarietà e della pace. È quanto mai significativo che ad aprire questo Anno Accademico nella sede di Roma dell’Ateneo dei cattolici italiani sia l’intervento del Patriarca di Gerusalemme, il Card. Pierbattista Pizzaballa, proprio a significare che le Università, e quelle cattoliche in modo particolare, hanno il compito di dare il loro contributo alla produzione degli “otri nuovi” per il vino della Pace e della Giustizia, di cui il mondo ha particolare necessità e urgenza.

Un secondo ambito, sempre pensando al contesto della sede romana dell’Ateneo, è certamente quello della cura integrale della salute. P. Gemelli volle fortemente - era il sogno della vita sua - la Facoltà di Medicina e chirurgia con il suo Policlinico perché sapeva bene, anche per esperienza personale avendo studiato medicina e lavorato in un ospedale, che la scienza deve essere sempre declinata con la sapienza. Il suo sogno è divenuto realtà. E forse la realtà ha superato il sogno. Ma questo sviluppo quantitativo, davvero formidabile e per molti versi miracoloso, non deve far perdere di vista le sue finalità e le caratteristiche che fin dall’inizio lo hanno reso un luogo apprezzato per le qualità scientifiche e per la centralità riservata alla persona del malato. Oggi il sistema sanitario del Paese, non privo di meriti ed eccellenze, si trova ad affrontare non poche criticità legate alla limitatezza delle risorse, alla disparità delle situazioni e dei servizi, alla incompiuta integrazione nell’erogazione del servizio pubblico tra gestione statale e iniziativa privata.

“Vino nuovo in otri nuovi” per il Policlinico A. Gemelli che festeggia i suoi 60 anni di attività, significa dare stabilità ad un modello originale e innovativo che ha saputo realizzare un equilibrio complesso, ma certamente virtuoso, tra il pieno e rilevante inserimento all’interno del Sistema Sanitario Nazionale e una dinamica erogazione di servizi al di fuori di tale sistema ma di fondamentale importanza sia per garantire a tutti la qualità delle prestazioni sia per la sostenibilità del progetto nel suo insieme. Un modello che attinge pienamente ai valori della tradizione cristiana per cui la cura, la migliore cura possibile, della salute deve essere assicurata a tutti mettendo sempre la persona del malato al centro e curando in modo organico e unitario il suo benessere fisico, umano e spirituale.

Per poter perseguire questi obiettivi il contenitore ha bisogno di un continuo e vigoroso rinnovamento. Possiamo ascrivere a questo processo lo sviluppo della ricerca che vede il Policlinico ai primi posti nel sistema degli Irccs (Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico); l’ampliamento delle scuole di specializzazione che vede oggi oltre 2000 medici in formazione specialistica; il rafforzamento della dimensione solidaristica che deve accompagnare in modo sistematico la formazione dei medici e la vita dell’ospedale che ha sempre più un respiro internazionale sia verso le eccellenze sanitarie sia a servizio delle periferie più povere ed emarginate; i nuovi progetti di sviluppo legati in particolare al Nuovo centro per il cuore e all’oncologia; il rilancio dell’Ospedale già San Giovanni Calibita Fatebenefratelli, oggi “Ospedale Isola Tiberina – Gemelli Isola” secondo il nuovo nome assunto dal 1 settembre 2022. Possiamo dire che se è sempre forte la tentazione di accontentarci di qualche rattoppo, nel caso della Facoltà di Medicina e chirurgia e del Policlinico Gemelli è stata intrapresa decisamente la strada del “vino nuovo in otri nuovi” anche se ovviamente l’impresa è ardua e non sempre la novità degli otri è garanzia della qualità del vino. Ma vigilare su questo processo è il compito di tutti, degli organi preposti e, in particolare, della comunità ecclesiale da cui questo grande progetto ha preso forma e da cui è stato sostenuto soprattutto all’inizio, anche grazie alla Giornata per l’Università Cattolica che quest’anno - la celebreremo il 14 di aprile - raggiunge la sua centesima edizione.

Concludo ricordando l’invito alla speranza fatto da Papa Francesco in occasione del discorso al Corpo diplomatico lo scorso 8 gennaio. Ci invita ad assumere lo spirito giubilare, sinonimo di rinnovamento e speranza, per versare davvero “vino nuovo in otri nuovi”: «Di fronte a tante sofferenze, che provocano disperazione non soltanto nelle persone direttamente colpite, ma in tutte le nostre società; di fronte ai nostri giovani, che invece di sognare un futuro migliore si sentono spesso impotenti e frustrati; e di fronte all’oscurità di questo mondo, che sembra diffondersi anziché allontanarsi, il Giubileo è l’annuncio che Dio non abbandona mai il suo popolo e tiene sempre aperte le porte del suo Regno». Amen.

L'omelia di

Mons. Claudio Giuliodori

Mons. Claudio Giuliodori

Assistente Ecclesiastico generale di Ateneo

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