NEWS | Piacenza

Abitare la giustizia: la Costituzione come casa degli esclusi

10 ottobre 2025

Abitare la giustizia: la Costituzione come casa degli esclusi

Condividi su:

Un’aula gremita e un silenzio attento hanno accolto, giovedì 9 ottobre, nella Sala Convegni Piana dell’Università Cattolica, il convegno “Abitare la giustizia: la Costituzione degli esclusi”, evento cardine della Settimana del Dono promossa dalla Facoltà di Economia e Giurisprudenza e che ha visto tra gli ospiti l’ex magistrato Gherardo Colombo. Un incontro intenso, occasione di un dialogo sul senso profondo della giustizia come spazio di vita, di relazione e di inclusione.

Nel suo intervento introduttivo, il preside della Facoltà di Economia e Giurisprudenza Marco Allena ha ricordato come la Settimana del Dono rappresenti per la Cattolica un tempo di riflessione collettiva, in cui il sapere economico e giuridico si apre alla dimensione etica. «Ogni anno» ha spiegato «dedichiamo questi giorni a interrogare il significato del dono come responsabilità civile». «Questa edizione è stata interamente dedicata al tema della giustizia, declinato come forma di solidarietà e strumento di coesione sociale».

Richiamando l’esortazione apostolica Dilexi te di Papa Leone XIV, pubblicata proprio il 9 ottobre 2025 e dedicata al dramma dell’emarginazione, Allena ha sottolineato che «la povertà non è solo mancanza di beni materiali, ma anche povertà di giustizia: privazione dell’equità, della dignità e della tutela». Da qui l’impegno della Facoltà nel promuovere uno sguardo “ampio e responsabile”, capace di coniugare competenza accademica e sensibilità umana.

La distanza tra i principi della Costituzione e le disuguaglianze che segnano la società contemporanea è stata sottolineata dal professor Francesco Centonze, promotore e moderatore dell’incontro: «Il sovraffollamento carcerario, gli infortuni sul lavoro, la povertà economica – ha osservato – rappresentano ferite che minano il senso stesso della nostra democrazia». Ispirandosi ai volumi Anticostituzione di Gherardo Colombo e La Costituzione dei poveri di Zagrebelsky e Colmegna, ha ricordato che la Carta non è un testo immobile, ma «un progetto da abitare ogni giorno».

Un articolo di

Sabrina Cliti

Sabrina Cliti

Condividi su:


Sul nesso tra giustizia e sostenibilità si è soffermato S. E. Mons. Adriano Cevolotto, Vescovo di Piacenza-Bobbio. Riprendendo l’enciclica Laudato si’, ha sottolineato che la crisi ecologica è anche una questione di giustizia: «Distruggere la natura non colpisce tutti allo stesso modo. I più poveri pagano il prezzo più alto». Da qui il suo invito a una “sobrietà consapevole”, capace di restituire equilibrio tra equità, fraternità e cura del creato.

Gherardo Colombo, già magistrato e presidente della Garzanti, ha condotto il pubblico in una riflessione profonda sul significato della giustizia costituzionale e sul bisogno di un cambiamento culturale. Partendo dall’articolo 3 della Costituzione, ha osservato come la storia dell’umanità sia segnata da pratiche di discriminazione che negano l’uguaglianza sostanziale. «Il diritto» ha affermato «è spesso costruito per mantenere il conflitto: ogni volta che diciamo “hai ragione” e “hai torto”, separiamo. Chiediamoci se questo funziona davvero».

Ha poi ricordato che il Codice penale italiano, eredità di un’epoca autoritaria, risente ancora oggi di una visione punitiva e disumana, soprattutto nel sistema carcerario. Da qui l’esortazione a ripensare la giustizia come ricomposizione, non come divisione: «mettere d’accordo, piuttosto che separare». Colombo ha valorizzato la giustizia riparativa come modello capace di restituire dignità e di ricucire le fratture sociali, invitando i giovani giuristi a “camminare con coerenza”, perché «il vero cambiamento richiede tempo e responsabilità condivisa».

Su questa stessa linea si è collocato l’intervento della professoressa Claudia Mazzucato, docente di Diritto penale, che ha interpretato l’espressione “abitare la giustizia” come un invito a viverla nella relazione con l’altro. «La giustizia» ha spiegato «non è solo giudizio, ma ascolto. Anche chi ha sbagliato deve poter ritrovare un luogo di riconoscimento e dignità». Ha richiamato esperienze di dialogo tra vittime e autori di reato, segno di una giustizia “abitata” e profondamente umana, in cui la legge si piega alla complessità delle storie individuali.

Nel dibattito finale, Mons. Cevolotto ha richiamato il valore della fraternità, mentre Colombo e Mazzucato hanno invitato gli studenti a non considerare la punizione come unico volto della giustizia, ma a immaginarla come incontro e responsabilità reciproca.

Numerosi gli stimoli e le domande arrivate dalla platea di studenti, segno di un interesse autentico verso una giustizia capace di farsi esperienza viva, non solo materia di studio.

Dal confronto tra voci e generazioni diverse è emersa un’idea condivisa: abitare la giustizia significa viverla ogni giorno, riconoscerla nei gesti, nelle parole, nelle relazioni. Non un concetto astratto, ma un luogo da costruire insieme, che sia aperto, umano, solidale e in cui i principi della Costituzione tornino ad essere ciò che sono nati per essere: una promessa di dignità per tutti.

Newsletter

Scegli che cosa ti interessa
e resta aggiornato

Iscriviti