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Dams, una lezione con Gabriele Vacis

27 aprile 2021

Dams, una lezione con Gabriele Vacis

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In queste due anni di Covid siamo stati costretti a comunicare attraverso gli schermi. Ma ora dobbiamo riabituarci a strutturare la narrazione in modo diverso. Come fare e con quale funzione?

È la domanda che è stata rivolta al regista e drammaturgo Gabriele Vacis, durante la lezione aperta per gli studenti del Dams e del Geco, proposta da Carla Bino, con la partecipazione delle docenti di teatro Laura Peya e Roberta Carpani.

«La narrazione come la intendiamo e come si sente nominare fra i media – risponde Vacis - è un po’ il contrario di quella che è la vera narrazione. Quando in tv si parla di narrazione di solito si intende la produzione di una realtà ad uso e consumo di chi la produce. Ma questa non è la narrazione, si usano parole destituite di significato che non è più condiviso. Il filosofo Lacan negli anni 70 parlava di catena di significati che non si scambiamo mai con il reale, ovvero con il significato. Noi stiamo vivendo questa realtà, un po’ sospesa. La narrazione è il contrario, deve prendersi il tempo come avviene nelle Fenice, la tragedia di Euripide, dove il coro ha una funzione ben precisa. Giocasta vuole far incontrare i suoi figli, li convoca per un dibattito per mettere a confronto le loro idee, ma alla fine vanno allo scontro e si uccidono».

Euripide suggerisce che ci può essere un confronto dialettico se viene accompagnato da altre forme che consentono di arrivare a una sintesi, che nella tragedia è rappresentato dal coro. Le ragazze fenice quando inizia lo scontro fra Polinice e Eteocle, incominciano a cantare e a chiedersi da dove sia partito il conflitto, fanno così la narrazione che però ha bisogno di tempo ed aiuta a sbollire gli animi e ad avvicinarsi all’essenza, alla verità. Ciò significa che certi fatti possono essere avvicinati solo cantando, ovvero quello che fanno i poeti e gli artisti. Poi il coro prega, che è la terza azione che dovremmo fare un po’ tutti, ognuno nel proprio modo di credere.

«Ad esempio in questi giorni si parla molto di Recovery plan, conosciamo le opinioni dei partiti ma non conosciamo i fatti, quindi questa non è narrazione perché manca il contenuto. Il narratore deve essere un testimone e deve assumersi la responsabilità; in questo modo il conduttore dovrebbe affermare la realtà, non accettare le opinioni su qualcosa che ormai sono verità storiche. Ma si può essere dei narratori nel ruolo di social media editor, esistono dei modi per essere poeti, cantori con i nuovi mezzi di comunicazione? «Bisogna stare attenti alle fake news e ai cervelli elettronici che influenzano la realtà come è successo con le elezioni americane. Anche le piattaforme come Netflix vanno al di là del puro intrattenimento e diventano protagonisti di una certa narrazione della realtà».

A fine lezione Vacis esorta gli studenti a camminare, quei diecimila passi che vi aiuteranno a mettere in moto quella consapevolezza che sarà utile per meglio comunicare.

Un articolo di

Antonella Olivari

Antonella Olivari

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