In una giornata che ha mobilitato più di 1.500 persone mobilitate per 10 eventi e in ascolto di 40 relatori, ha suscitato grande interesse la lezione dei relatori, introdotta dai saluti della sindaca di Brescia Laura Castelletti, del direttore scientifico del Festival e preside della facoltà di Scienze della formazione dell’Università Cattolica Domenico Simeone, dell’assessore all’istruzione, formazione, lavoro della Regione Lombardia Simona Tironi, del presidente della Fondazione Brescia Musei e dell’Editrice Morcelliana Francesca Bazoli e del rettore dell’Università Cattolica Franco Anelli, che ha presentato il Festival come «un’iniziativa potente, che sottolinea il potere trasformativo dell’educazione: da lei viene la forma che si darà al futuro. E l’Università ha tra le sue più importanti missioni quella di fare in modo che le nuove generazioni si appassionino alla conoscenza».
I coniugi Wenger-Trayner hanno spiegato il loro approccio, che sposta l’accento sull’apprendimento e valorizza l’«intelligenza della pratica» e s’è affermato in giro per il mondo «perché aumentano incertezza e complessità.
Quando non ci sono certezze, non si può aspettare l’uscita di un manuale o che si trovi, à la carte, un gruppo di esperti in grado di affrontare problemi nuovi e inattesi.
Pensiamo a quanto è successo, per esempio, alle università durante il Covid: nessuno sapeva come riorganizzare la didattica e l’unica soluzione è stata mettersi in contatto con gli altri atenei per capire come stavano affrontando l’emergenza. Che cos’è stata questa strategia, se non ciò che noi chiamiamo una “comunità di pratica”? Un gruppo di persone consapevole che occorre “imparare in movimento”, “inventando” sul momento la strada da percorrere?».
Secondo i Wenger-Trayner, l’apprendimento avviene sul confine di ciò che non è ancora noto, che è ancora da scoprire e ha un potere trasformativo. E che consente di “fare la differenza”, come recita il loro ultimo libro, solo quando è caratterizzato da “agency”, cioè da proattività, da spirito d’iniziativa e dalla consapevolezza propria di chi sa attribuire un significato alla propria azione.
Un’intuizione che mette in discussione i sistemi di istruzione e formazione che hanno finora posto l’accento sulla mera trasmissione di contenuti. «È fondamentale promuovere l'interesse per ciò che le persone fanno e per il modo in cui l’apprendimento le aiuta a fare la differenza per ciò a cui tengono» hanno affermato gli ideatori delle comunità di pratica.