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Da Auschwitz a Milano, la Memoria si tramanda con i luoghi

19 gennaio 2023

Da Auschwitz a Milano, la Memoria si tramanda con i luoghi

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Per strada, due bambini giocano davanti alla casa da dove è stato portato via un deportato. In primo piano, una pietra d’inciampo. I bambini giocano, una farfalla vola. Accanto a loro, partecipe dei giochi e sorridente, la figura del deportato, assente e presente allo stesso tempo, disegnato in trasparenza. È con loro: un paradosso, un desiderio, una speranza.

L’immagine descritta è una testimonianza di Daniela Dana Tedeschi, presidente dell’Associazione Figli della Shoah, nel seminario presso il PIME di Milano "I luoghi dalla memoria per insegnare la Shoah", promosso dal Centro di ricerca sulle relazioni interculturali dell'Università Cattolica: l’autore è un alunno, il mittente il suo insegnante che aveva affrontato da poco il tema dell’antisemitismo in classe. «In quel disegno c’è tutto quello che vorremmo che un ragazzo capisse», dice con soddisfazione. Quadrate e ricoperte d’ottone, le pietre d’inciampo sono uno dei principali elementi memoriali, un vero e proprio museo diffuso. Scambiate per lapidi, ma che vivono incastonate sul selciato che calpestiamo quotidianamente. Nelle parole di Gunter Demnig, l’artista che le ha ideate, “l’installazione di ogni Stolperstein – così sono chiamate in tedesco – è un processo doloroso ma anche positivo perché rappresenta un ritorno a casa, almeno nella memoria di qualcuno”.

Da un sondaggio, rivolto nel 2022 a 18mila insegnanti, su cosa sia più efficace per combattere l’antisemitismo a scuola, il responso è stato chiaro: l’ascolto di testimonianze e la visita sui luoghi. In un’era in cui i testimoni sono sempre meno, chi educa ha un’altra soluzione per tramandare la memoria e formare una coscienza morale e civile nelle giovani generazioni, perché luoghi parlano e raccontano l’evidenza della storia. «Nelle decine di viaggi ad Auschwitz che ho organizzato – spiega Sira Fatucci, responsabile dell’Unione delle Comunità Ebraiche (UCEI) – ho sempre visto un cambiamento negli occhi dei ragazzi. Dagli anni Novanta, quando ha cominciato ad affiorare una certa sensibilità, la cultura della memoria è cambiata. Adesso, forse, c’è un po’ più di leggerezza, che non è tipica dei giovani, ma dei tempi che corrono».

Auschwitz è quello per eccellenza, ma l’Italia è ricca di luoghi della memoria, a partire dalla città di Milano. «Dobbiamo essere guide che fanno parlare gli spazi, senza credere che automaticamente possano essere visti e colti dai visitatori», ricorda nella sua introduzione Milena Santerini, docente di Pedagogia generale in Università Cattolica, direttrice del Centro di ricerca promotore dell'evento e coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo. E dunque, ha aggiunto Patrizia Baldi del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, dagli itinerari cittadini studiati dalla Fondazione CDEC si può scoprire che anche il Teatro alla Scala è stato un luogo della Shoah, quando nel 1938 il maestro Vittore Veneziani fu licenziato dal coro perché ebreo. 

 


Per non parlare del Memoriale, adiacente alla Stazione Centrale, di cui molti milanesi non sono nemmeno a conoscenza: proprio per la sua posizione nascosta - ha spiegato Saverio Colacicco della Fondazione Memoriale Shoah - quel luogo veniva utilizzato per le deportazioni. Ora si può sostare nei vagoni del binario 21, dove oltre 8mila persone sono partite senza possibilità di ritorno nell’indifferenza generale dell’Italia e dell’Europa che, voltandosi dall’altra parte, hanno passivamente partecipato allo sterminio.

La professoressa Santerini ha anche annunciato la nascita della Rete italiana dei luoghi della Memoria (la Risiera di San Sabba a Trieste, il Memoriale della Shoah di Milano, il campo di Fossoli a Carpi, il Museo della Shoah di Roma, il Museo dell'ebraismo e della Shoah di Ferrara, il campo di Ferramonti di Tarsia) per facilitare i viaggi scolastici e far conoscere la storia dell'Olocausto nel nostro Paese.

Accanto ai luoghi che più direttamente rappresentano la deportazione, trovano posto i luoghi di salvezza e di speranza. Nel Giardino dei Giusti si fa memoria in una maniera alternativa e originale: “C’è un albero per ogni uomo che ha scelto il Bene”, c’è inciso sul cippo principale. Ci sono i nomi di Sophie Scholl, studentessa tedesca che nel ’43 si ribellò al regime nazista, o di Armin Wegner, militare che si appellò ai leader del suo tempo per fermare i genocidi contro armeni ed ebrei.

Per Annamaria Samuelli, responsabile della commissione didattica di Fondazione Gariwo, il giardino è «un monumento alla gratitudine che si deve a chi, nei momenti di male estremo nella storia, ha sentito un impeto di umanità». Infine, a Selvino, nel bergamasco – come ha raccontato Marco Cavallarin - ha sede la Sciesopoli ebraica che, dopo la Liberazione, da struttura ricreativa per giovani fascisti è diventata la casa di 800 orfani sopravvissuti ai campi di sterminio: è stato restituito loro lo spirito giovanile e instillato nei cuori l’amore per la terra d’Israele, prima del ritorno in patria. Allo stesso modo, gli studenti e le studentesse di oggi hanno il compito di proiettare la memoria nel presente, rifiutando ogni forma di discriminazione e violenza. Per fare sì che la memoria non diventi lutto e oppressione, ma perché si continui a vivere e sperare.

Un articolo di

Matteo Galié

Scuola di Giornalismo

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