NEWS | Laudate Deum

Deboli e necessari

05 ottobre 2023

Deboli e necessari

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Ci sarà tempo per studiare con attenzione le pagine di Laudate Deum, la nuova esortazione apostolica che Papa Francesco ha indirizzato a tutte le persone di buona volontà, riproponendo e approfondendo, otto anni dopo, le «accorate preoccupazioni» (LD 2) dell’enciclica Laudato si’. Ma è lecito raccogliere la prima commozione e il primo stupore, come si fa per un paesaggio ancora sconosciuto quando lo si scorge per la prima volta, ben sapendo che sarà nostro compito abitarlo. Ecco: le frequenze che più si imprimono a questo primo sguardo sono quelle, solo apparentemente contraddittorie, della debolezza e della necessità.

Il papa non teme di dire ciò che molti già sanno: l’insufficienza della nostra risposta alla crisi climatica, la fragilità delle istituzioni internazionali, che non riescono ad «assicurare la realizzazione di alcuni obiettivi irrinunciabili» (35), il procedere incerto delle Conferenze sul clima, nonostante le quali «le emissioni globali hanno continuato a crescere» (55), persino l’insufficienza dell’impegno di ciascuno a uno stile di vita diverso, poiché «le soluzioni non verranno solo da sforzi individuali» (70). Eppure, insieme, ne proclama a gran voce la necessità: «non si tratta di sostituire la politica» (40), né di mandare a casa la vecchia diplomazia, né di «non aspettarsi nulla» (53) dalla COP28 di Dubai, né, tanto meno, di umiliare la trasformazione culturale che si genera nel «profondo della società» (71) grazie al cambiamento dello stile di vita di ciascuno. Di tutto questo – e di molto altro ancora – abbiamo bisogno.


Siamo tutti singolarmente deboli, ma siamo tutti globalmente irrinunciabili: se le crisi sono «l’occasione per apportare cambiamenti salutari» (36), faremmo bene a incominciare da qui. Debolezza e necessità ci costringono a ripensare il nostro uso del potere (24-28), oltre l’ubriacatura della modernità, a smettere di sognare che una nuova invenzione possa risolvere definitivamente la drammatica del nostro essere al mondo, assolvendoci dal compito di una cura universale. Ci espongono al bisogno impellente di un nuovo multilateralismo (37-43), senza il quale affrontare la crisi ecologica è un’illusione. Rappresentano, infine, il primo passo per dare forma a un «antropocentrismo situato» (67), che onori il nostro debito nei confronti di quel mondo brulicante di vita che, con la sua sinfonia di colori, ci ha generato e ci sostiene. L’essere umano, scriveva un grande filosofo del Novecento, è una «poesia già iniziata»: in debito del suo inizio, necessario nel suo compimento.

Papa Francesco – come nell’iconica scena del 27 marzo 2020, quando, durante la pandemia, ha attraversato la grande piazza da solo – si è già incamminato su questa stessa strada di debolezza e necessità. In Laudate Deum la parola del papa è così essenziale e priva di retorica da apparire come un puro appello. Diventa così un sacramento del principio che annuncia: esponendosi a una risposta globale, senza la quale risulterebbe del tutto vano, ha la debolezza di un domandare; e questa debolezza, che convoca tutti all’opera della cura, era assolutamente necessaria. 

Un articolo di

don Roberto Maier

don Roberto Maier

Docente di Teologia e Etiche della Terra - Università Cattolica

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