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Imane, storia di una fede ritrovata

20 gennaio 2023

Imane, storia di una fede ritrovata

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Imane. È un nome che significa “fede” e così si chiama Imane Barmaki, che con la religione si è confrontata per buona parte dell’adolescenza. Nata in una famiglia musulmana trentotto anni fa, ha vissuto l’Islam come una tradizione e un senso di appartenenza culturale per diverso tempo. Negli anni del liceo ha iniziato un percorso interiore che l’ha portata prima ad essere atea, poi a ritrovare la fede musulmana. Il confronto con il nonno, imam di moschea a Casablanca, è stato una costante, ma il punto di svolta è stato un corso di teologia frequentato all’Università Cattolica. «Nello studiare la religione cristiana cercavo di informarmi anche sulle altre religioni monoteiste, sull'ebraismo e sull'Islam. E così ho riscoperto la mia prima religione», ricorda.

Ci racconta cosa è successo negli anni del liceo?
«È proprio in quegli anni che è iniziata la mia crisi di identità: mi chiedevo se fossi marocchina o italiana, a quale sponda del Mediterraneo appartenessi. Un giorno di pioggia, guardando le gocce che cadevano e che erano sospese nell'aria, ho visto la mia situazione. Anche io ero sospesa tra un mondo che avevo lasciato alle spalle e un mondo in cui avevo iniziato a vivere. Ho iniziato a cercare una identità nei libri, leggendo testi di psicologia e di filosofia, ma lì non potevo trovare una risposta precisa. Dovevo guardare solo dentro me stessa, però questo l'ho capito dopo, con più maturità. È stata una ricerca un po' complicata».

Come è cambiata la sua fede in quegli anni?
«In quel periodo non mi sentivo più musulmana, ma atea. E con mio nonno argomentavo attraverso Marx e altri filosofi che leggevo. E sostenevo che Dio non esiste, perché se l'uomo è imperfetto, anche la causa che l'ha generato è imperfetta».

Imane Barmaki con suo nonno


Poi una svolta durante i corsi di teologia in Cattolica. Cosa è successo esattamente?
«Finite le superiori sono andata a studiare all'Università Cattolica, dove gli studenti devono sostenere degli esami di teologia. Nello studiare la religione cristiana cercavo di informarmi anche sulle altre religioni monoteiste: sull'ebraismo e sull'Islam. In questo percorso ho riscoperto prima la religione e poi la fede stessa dell'islam. L’aspetto religioso è uno degli elementi importanti della mia identità».

Perché il corso di teologia l’ha fatta avvicinare di nuovo all’Islam?
«I corsi di teologia sono stati un ottimo punto di partenza per approfondire le religioni abramitiche ricercando le basi comuni a partire dal tema del Dio unico e dal fatto che le tre religioni sono manifestazioni della medesima realtà. È stato un percorso lungo in cui ho imparato a fare lo sforzo di distinguere la religione dalla tradizione. Questo confine a volte è poco visibile perché le contaminazioni tra le due sono molte e si fa fatica a discernere».

A partire dalla sua esperienza, cristianesimo e islam possono convivere tra di loro?
«Il cristianesimo e l'islam sono le due religioni con il più alto numero di fedeli. La convivenza e il dialogo sono una necessità. A tenere in piedi il dialogo sono i teologi, gli esperti, i media. Tuttavia a contribuire sono soprattutto le persone semplici che venendo a contatto con l’altro imparano a conoscersi e a valorizzare le basi comuni, senza speculare sulle differenze. Può sembrare banale, ma conoscersi aiuta a educare noi stessi a rispettare la diversità».

In che modo l’intersezione tra le religioni è una costante della sua vita?
«I momenti più belli nella mia vita da credente sono stati quelli di condivisione dell’aspetto spirituale con amiche e amici di altre religioni. Incontrarsi, conoscersi, condividere i momenti di fede può realmente essere un terreno di incontro tra musulmani e cristiani. Grazie allo studio e all’approfondimento ho riscoperto l’Islam non più come tradizione famigliare ma scelta consapevole, frutto di un incontro tra spiritualità e ragione».

Cosa si porta dietro dell’integrazione tra le religioni?
«La mia esperienza mi ha insegnato che siamo essere umani indipendentemente dalla nostra fede. Partendo da questo dobbiamo rispettarci e accettarci a vicenda, nonostante le differenze nelle nostre convinzioni religiose. Per quanto possa essere difficile mettersi nei panni degli altri è un esercizio che ognuno di noi dovrebbe fare».

Un articolo di

Giorgio Colombo

Scuola di giornalismo

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