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L’arte e uno sguardo nuovo per conoscere l’altro

06 ottobre 2021

L’arte e uno sguardo nuovo per conoscere l’altro

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1989. Erano i tempi della caduta del muro di Berlino, del primo documento del World Wide Web. La globalizzazione univa i continenti ma il mondo dell’arte era ancora confinato in una visione completamente occidente-centrica. Poi arrivò l’esibizione “Les Magiciens de la Terre”, uno squarcio di luce sull’arte del resto del globo. Il suo ideatore, Jean-Hubert Martin, uno dei più noti esperti e curatori di arte africana, ha raccontato quell’esperienza durante il primo incontro di “Sfide per il futuro”, il ciclo di incontri ospitato dall’Università Cattolica che rientra nell’alveo di Progetto Genesi, la serie di iniziative organizzate assieme ad Associazione Genesi e FAI per affrontare il tema dei diritti umani attraverso l’arte contemporanea.

Martin dialogando con i docenti Fausto Colombo e Francesco Tedeschi ha ricordato che «Le esibizioni di arte contemporanea in quegli anni erano composte da opere quasi esclusivamente provenienti da artisti dell’Europa dell’Ovest o dal Nord America. Non c’era curiosità per gli artisti di altre parti del mondo. Organizzando “Leg Magiciens de la Terre” è stato difficile scappare dal punto di vista occidentale. Cercai artisti che lavoravano nelle loro comunità, per esse, spesso in contesti religiosi e sulle loro tradizioni. Dobbiamo smetterla di pensare che la nostra sia l’unica tradizione in evoluzione mentre negli altri paesi essa resti cristallizzata. Questo è un retaggio del colonialismo».

Il problema è dovuto anche a quello che Martin definisce il “sistema del mercato dell’arte”, che detta le regole e a cui gli artisti hanno imparato ad adeguarsi: «Molti di loro, anche provenienti da culture non occidentali, conoscono ormai le strategie per muoversi dentro questo mondo e quindi fare esposizioni e mostre. Questo mi sta bene ma fuori da questo sistema ci sono moltissimi artisti non immersi in questa struttura che non vogliamo vedere».

È il problema del dominio occidentale nella cosiddetta cultura mainstream, come sottolineato dal professor Colombo: «Oggi siamo più sensibili alla complessità della cultura ed è difficile parlare di cultura globale, piuttosto di culture glocal, a cui oggi possiamo accedere in modo più diretto grazie alle possibilità offerte dal digitale». Mentre ai tempi dell’organizzazione di “Les Magiciens de la Terre” c’era al massimo il fax: «Oggi è l’esatto contrario degli anni 80 -conferma Martin- perché il lavoro non è più trovare informazioni su artisti sconosciuti ma selezionare dalle migliaia di informazioni disponibili quelle più rilevanti e interessanti per quello che vogliamo dire nelle nostre mostre ed esibizioni. Il digitale offre molte occasioni di conoscenza ma trovo che nulla potrà mai sostituire il contatto fisico con le opere d’arte».

Un articolo di

Michele Nardi

Michele Nardi

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