1989. Erano i tempi della caduta del muro di Berlino, del primo documento del World Wide Web. La globalizzazione univa i continenti ma il mondo dell’arte era ancora confinato in una visione completamente occidente-centrica. Poi arrivò l’esibizione “Les Magiciens de la Terre”, uno squarcio di luce sull’arte del resto del globo. Il suo ideatore, Jean-Hubert Martin, uno dei più noti esperti e curatori di arte africana, ha raccontato quell’esperienza durante il primo incontro di “Sfide per il futuro”, il ciclo di incontri ospitato dall’Università Cattolica che rientra nell’alveo di Progetto Genesi, la serie di iniziative organizzate assieme ad Associazione Genesi e FAI per affrontare il tema dei diritti umani attraverso l’arte contemporanea.
Martin dialogando con i docenti Fausto Colombo e Francesco Tedeschi ha ricordato che «Le esibizioni di arte contemporanea in quegli anni erano composte da opere quasi esclusivamente provenienti da artisti dell’Europa dell’Ovest o dal Nord America. Non c’era curiosità per gli artisti di altre parti del mondo. Organizzando “Leg Magiciens de la Terre” è stato difficile scappare dal punto di vista occidentale. Cercai artisti che lavoravano nelle loro comunità, per esse, spesso in contesti religiosi e sulle loro tradizioni. Dobbiamo smetterla di pensare che la nostra sia l’unica tradizione in evoluzione mentre negli altri paesi essa resti cristallizzata. Questo è un retaggio del colonialismo».