Dopo i saluti istituzionali del pro rettore vicario dell’Ateneo Antonella Sciarrone Alibrandi e del Capo Rappresentanza della Commissione Europea a Milano Massimo Gaudina è stato il professore della School of Culture and Communication dell’Università di Melbourne Nikos Papastergiadis a dare un primo spunto per definire meglio l’arte multiculturale e il ruolo che il Bello può ricoprire nella generazione di nuovi intrecci tra culture mostrando un estratto di Newsreel 63, un video documentario realizzato dalla regista slovena Nika Autor che mescola immagini dei film sui treni dei Fratelli Lumiere con video girati con gli smartphone dai migranti nascosti sotto i vagoni di un convoglio che percorre la tratta Belgrado-Lubjana. «in queste immagini non c’è senso di vittimismo da parte dei migranti, in tutto il documentario c’è un mix di rabbia, pathos e gioia. È un modo di rappresentare l’immigrazione che va oltre la solita dialettica migrante-vittima vs migrante-invasore. È un punto di partenza importante quando parliamo di correlazione tra inclusione, politiche ed estetica-bellezza».
«C’è un gap tra la percezione e le idee che la gente ha rispetto al fenomeno migratorio rispetto alla realtà dei fatti» conferma il sociologo Pierluigi Musarò, docente dell’Università degli Studi di Bologna. Anche nel suo intervento un esempio concreto: è la storia di Piccola Amal, una statua di 3,5 metri che ha viaggiato dalla Siria fino a Manchester per 8.000 km con lo scopo di sensibilizzare sul tema dei bambini sfollati: «È l’arte che diventa il mezzo per mettere i confini al centro della piazza politica – sottolinea Musarò-, e per confinare la narrazione cattiva e semplicistica di un tema complesso come il fenomeno migratorio».
La complessità emerge anche da The Wall Between Us, la mostra ideata da Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini, visual artists italiani residenti a Berlino e genitori adottivi di due bambini vietnamiti. Il progetto raccoglie proprio esperienze delle comunità vietnamite residenti nella capitale tedesca, primo centro europeo per accoglienza di rifugiati asiatici. In questo intreccio tra affetto, memoria, identità, storia e appartenenza si crea un ponte che supera il Muro di Berlino, il filo rosso dell’esposizione, e mostra le diversità tra la comunità di Berlino ovest, un luogo dove rifugiarsi dal regime comunista, e quella di Berlino Est, che invece raccoglieva i simpatizzanti comunisti.
Un ruolo fondamentale per superare narrazioni semplicistiche nemiche dell’integrazione tra culture lo giocano i media. Nadia Bellardi, consulente per la comunicazione transculturale del Community Media Forum Europe, ha raccontato dell’esperienza di Our Voice: un movimento culturale internazionale composto da giovani di diverse parti del mondo che attraverso tutte le forme di comunicazione e arte a disposizione porta avanti un lavoro di denuncia contro le ingiustizie che attualmente affliggono il mondo.