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Oltre le sbarre, grazie alla scrittura

01 dicembre 2025

Oltre le sbarre, grazie alla scrittura

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Cinque studentesse di Scienze Linguistiche hanno collaborato all’ultimo numero di Zona 508, il giornale realizzato dalla redazione interna al carcere bresciano Canton Mombello.

Loro sono Letizia Abampi, Martina Lanzetti, Kawthar Dridi, Anna Petralia e Sara Panteghini, tutte iscritte al secondo anno della Facoltà di Scienze Linguistiche, curriculum Lingue, comunicazione e media coordinate dalla docente professoressa Marina Villa.

Con Massimo Lanzini, direttore editoriale, Carlo Alberto Romano, presidente dell’Associazione Carcere e Territorio ed i volontari dell’associazione, durante la primavera e l’estate studentesse e componenti della redazione della rivista hanno lavorato inizialmente a distanza.

L’obiettivo? «Non raccontare il carcere nell’ottica di sindacalismo carcerario, bensì aiutare il territorio esterno a comprenderne il lato umano» ha precisato il direttore Lanzini durante la presentazione dell’ultimo numero della rivista, in Cattolica.

A partire proprio dagli studenti, utenti di una città che vive di fianco a Canton Mombello, a pochi metri da piazzale Arnaldo, senza vederlo.

Lo ho notato anche Sara Panteghini, quando racconta «Una realtà apparentemente lontana, ma allo stesso tempo incredibilmente vicina. Accompagnati dalla professoressa Villa abbiamo riscoperto la nostra umanità, la stessa che troppo spesso si lascia guidare dai pregiudizi quando si parla di certi contesti. Insieme, ci siamo messi sullo stesso piano, collaborando, ascoltandoci».

Le domande sono state medesime: cosa significa comunicare? Quali mezzi verbali e non verbali coinvolge? Quanto pesa il coinvolgimento personale e il rispetto dell’altro in un contesto comunicativo?

Già, perché comunicare non significa solo scambiare parole.

Comunicare è il tentativo di collegare due mondi e, nel contesto carcerario, può essere filtrato da diffidenze, silenzi, paure, rabbia.

Tono, postura, sguardo, distanza: il corpo è il primo canale di comunicazione. Da qui l’idea di trovarle assieme, quelle risposte, in presenza e con tutto ciò che coadiuva la comunicazione. 

È nata così la rubrica Le parole che non ho detto, piccola antologia di intense riflessioni, compresi i silenzi assordanti di ciò che non si è riusciti a dire.

Sbarre e rughe è invece lo scambio di corrispondenza tra alcuni detenuti e gli anziani ospiti di una RSA. Un incontro di fragilità diverse accomunate dalla voglia di dialogo e di seconde possibilità, dalla necessità di ascolto e di essere visti. 

«Abbiamo avuto la possibilità di vedere l’anima dei detenuti e di comprendere che, dietro quelle sbarre e quella condizione di reclusione, esistono storie, riflessioni e un grande desiderio di riscatto. Persone a noi sconosciute, che siamo riusciti a comprendere attraverso l’arte della parola e del disegno. Ci hanno regalato emozioni che spesso non siamo abituati ad accogliere» commenta Sara.

La giornata di restituzione e bilancio del lavoro svolto è stata anche l’occasione lanciare alcune idee per il futuro.

«Dal seme di questa esperienza germoglieranno diversi frutti, tra i quali un seminario sul diritto all’informazione in carcere – in calendario nel secondo semestre - in collaborazione con Ristretti Orizzonti, importante redazione giornalistica del carcere di Padova. È in fase di strutturazione l’attività di Service Learning: una forma di volontariato attivo utile a rispondere ai bisogni della società che, oltre ai crediti, dona agli studenti grande valore formativo e umano» aggiunge la professoressa Villa.

«L’esperienza redazionale, infine, troverà declinazione anche a livello internazionale con la collaborazione con redazioni di altri Paesi» ha infine concluso Lanzini.

Un articolo di

Bianca Martinelli

Bianca Martinelli

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