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Seul: emozioni, scoperte, sacrifici e amicizie

29 aprile 2021

Seul: emozioni, scoperte, sacrifici e amicizie

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È stato difficile prendere una decisione. C’era molta voglia di partire, ma la paura dell’ignoto combinata alla situazione creata dall’emergenza sanitaria ha condizionato non poco le fasi preparatorie del viaggio. Poi alla fine mi sono convinto, mi sono fatto coraggio, ho comprato i biglietti aerei e sono partito in un torrido pomeriggio di agosto. Le prime due settimane in Corea le ho dovute passare in una piccola stanza senza finestre nel goshiwon (tipico alloggio studentesco caratterizzato da piccolissime camere) che avevo scelto. Sono state due settimane intime, in cui ho avuto tempo per studiare meglio il paese in cui mi trovavo, prepararmi per l’imminente esperienza, mettermi in pari con gli esami e anche provare ad imparare l’alfabeto coreano e qualche rudimento di lingua, compito che purtroppo non sono riuscito a portare a termine in maniera esaustiva. Alla fine dell’isolamento fiduciario, il fine settimana prima dell’inizio delle lezioni, ho potuto assaporare per la prima volta la Corea nella sua essenza più tipica, provando alcune delle situazioni che avrebbero fatto da filo conduttore per tutta la mia esperienza. Infatti, insieme ai ragazzi del goshiwon, allora solo coinquilini, ora amici fraterni, al termine di una giornata passata a visitare il palazzo reale, abbiamo condiviso una cena ad un tipico barbecue coreano in Insaedong, il tutto accompagnato da una componente essenziale della convivialità coreana, il soju.

Da lì in poi le giornate sarebbero state prevalentemente caratterizzate da lezioni e da lavori di gruppo fino al primo pomeriggio, seguite da visite a luoghi tipici e nascosti della città - come piazze, mercati, luoghi storici e di culto - che alla sera quasi sempre terminavano con una calda e conviviale cena a base di immancabili piatti tipici della tradizione coreana, accompagnate spesso e volentieri da una bottiglia di soju per non perdere nemmeno la più piccola sfaccettatura che quella unica ed irripetibile combinazione di cibo, commensali e location poteva offrire. Ovviamente ci sono state delle occasioni particolari che hanno interrotto la routine quotidiana, come la visita a Busan - città nel sud della Corea, primo porto del Paese (a quanto mi è stato riferito è considerata come la “Copacabana dell’Asia”), la festa del Chuseok ad inizio ottobre, – festa del raccolto simile al ringraziamento americano - Halloween, e altre giornate che pur non essendo caratterizzate da nessuna particolare ricorrenza, per volere collettivo diventavano una perfetta occasione per socializzare nel terrazzo del goshiwon con i coinquilini, raccontandosi a vicenda storie o costumi dei paesi d’origine, oppure per andare ad assaporare quel poco di vita notturna che il virus non era riuscito a fermare.

In Corea, infatti, dopo una rapida espansione ad inizio febbraio, nei mesi autunnali non si presentavano molti contagiati - circa 50 al giorno - e questo ci ha permesso di vivere l’esperienza dello scambio in modo sereno. Sicuramente il Covid non ci ha consentito di vivere l’esperienza dell’Exchange in maniera canonica, infatti ci sono state solo pochissime lezioni in presenza, si è dovuto portare sempre la mascherina, i luoghi affollati erano sempre guardati con un po’ di diffidenza e la vita notturna come le vie, i club, e i bar erano meno affollati rispetto a quanto raccontatoci da coloro che hanno vissuto una Seoul pre-pandemia. Nonostante questo, dovendo fare una riflessione sull’esperienza appena conclusa, credo che proprio la presenza del virus ci abbia però permesso di stingere dei legami molto più saldi e profondi con le persone con le quali abbiamo condiviso questo viaggio. Senza la presenza del virus non avremmo passato tanto tempo insieme ad intrattenerci con storie e giochi e a raccontarci ed apprendere l’uno dall’altro le differenze e similitudini che ci caratterizzano e di cui spesso, almeno dal mio punto di vista, non sapevamo l’esistenza.

In conclusione, l’esperienza è stata ricca di emozioni, scoperte, viaggi, sacrifici ma soprattutto di piacevoli e profondi incontri che mi hanno permesso di creare solidi legami con le persone più disparate e di stringere amicizie che sono sicuro rimarranno per molto tempo. Posso con certezza e gratitudine dire che questo semestre in Corea è, e sarà, una delle esperienze più intense e significative della mia vita, un viaggio che nemmeno una pandemia ha potuto rendere meno intenso, piacevole e gratificante, sia sotto il profilo accademico, sia dal lato relazionale.

Il racconto di

Alberto Melato

Studente Innovation and technology management - Campus di Milano

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