«Ricostruire le squadre dopo la pandemia ha richiesto grande impegno» spiega Sara Benenti, coordinatrice delle squadre sportive dell’ateneo. «I ragazzi e le ragazze che avevano potuto giocare gli ultimi Campionati milanesi universitari che si sono disputati si erano laureati, e non abbiamo potuto contare su quel passaggio di consegne che tradizionalmente ci agevola, e aiuta molto i nostri studenti a entrare subito nella giusta mentalità. E poi lo stop a causa del Covid ha imposto il fermo dei tornei internazionali, che sono da sempre l’aggregante delle nostre squadre, perché creano gruppo e motivazione».
Il basket è stato il primo a riprendersi, mentre nella pallavolo è stato costruito un progetto triennale. «Oggi ne stiamo raccogliendo i frutti» prosegue Sara Benenti. «Ma anche i risultati del calcio femminile sono ottimi. Abbiamo perso la finale, è vero, ma la squadra è competitiva, è sempre stata in testa al suo campionato, così come è accaduto nel basket femminile». Dopo l'esperienza della scorsa stagione il boost, quest’anno, lo ha dato il volley. «Nella pallavolo siamo partiti davvero in sordina» ammette Benenti. «Abbiamo cominciato la stagione con alcuni ruoli scoperti. Mai ci saremmo aspettati questi risultati, soprattutto nel maschile, dove ci siamo trovati a giocare addirittura con quattro liberi, un palleggiatore e una banda. La loro flessibilità ha fatto la differenza, nessuno si è intestardito sul proprio ruolo e il lavoro di squadra ha pagato».
«La notizia della vittoria nel beach volley ci ha caricato tantissimo» racconta Alessandro Asti, pallavolista, al terzo anno di Scienze politiche e delle relazioni internazionali. «Sapevamo di aver guadagnato punti preziosi nel ranking, a quel punto abbiamo iniziato a crederci davvero. Coach Benenti ci ha detto che i risultati del volley sarebbero stati determinanti per la vittoria della Coppa delle Università, e questo ci ha motivato ancora di più. Sapevamo che in finale avremmo incontrato giocatori forti, ma ha prevalso la voglia di rivalsa dopo la finale persa l’anno scorso». Il segreto è semplice, spiega Alessandro, che si laureerà ad aprile: «Siamo una squadra molto coesa, e questo genera energie positive. Sarebbe bello potersi allenare e stare di più insieme. Nel frattempo, le nostre partite non finiscono mai quando lo dice il tabellone, ma sempre davanti a un aperitivo o a una bella pizza».
La vittoria della formazione femminile è stata ancora più schiacciante. «Ci speravo con tutto il cuore, ma non riesco ancora a capacitarmi del risultato» racconta Irene Asnaghi, laureanda in Economia e gestione dei beni culturali e dello spettacolo. «Tre anni fa, quando sono arrivata, facevamo davvero fatica. Da subito, però, abbiamo creato un bel gruppo. Siamo amiche prima che compagne di squadra. E questo ha alimentato una crescita costante che rispecchia pienamente i risultati sportivi. Far parte della squadra dell’Università Cattolica mi è servito innanzitutto a conoscere nuove persone, a fare nuove amicizie, a creare legami che dureranno nel tempo. La finale era la mia ultima partita, e concludere così è stato semplicemente pazzesco». Con una coppa da alzare al cielo, e il sorriso di chi si è sentito a casa. Tra i chiostri della Cattolica, così come in una squadra, sotto rete.
Photo credits: Cus Milano.