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Cento anni di radio

13 febbraio 2024

Cento anni di radio

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Il World Radio Day è la Giornata Mondiale della Radio proclamata dall’Unesco per il 13 febbraio di ogni anno. Una data non casuale, visto che nello stesso giorno del 1946 veniva fondata la radio delle Nazioni Unite. Secondo l’Onu la radio è la piattaforma per antonomasia dove si dialoga democraticamente ed è il mezzo di comunicazione più diffuso al mondo. Per l’edizione 2024 il tema giornata è “100 anni di radiodiffusione nel mondo” in quanto il prossimo 6 ottobre la radio celebrerà il suo centenario. Il professor Giorgio Simonelli, già docente di Storia della radio e della televisione, racconta un secolo di parole e spiega perché, in tutti questi anni, la radio ha sempre accompagnato gli italiani diventando un asse portante della cultura del paese.


La Giornata mondiale della Radio assume quest'anno un particolare significato nel nostro paese. Nel 2024 infatti ricorrono cento anni dall'inizio delle trasmissioni ufficiali dell’Uri.

Il 6 ottobre del 1924 dalla stazione di San Filippo in Roma, annunciato dalla voce di Maria Luisa Boncompagni, andò in onda un concerto di musiche di Haydn. Due anni prima erano iniziate le trasmissioni della Bbc e l'anno prima quelle della radio francese e di un'emittente privata, la Telefunken, in Germania. Ma la svolta decisiva era avvenuta al di là dell'oceano, negli Stati Uniti, dove, dopo un lungo periodo di incertezze, l'idea di una radio come broadcast, come medium di massa aveva prevalso sulla vecchia ipotesi di un mezzo di comunicazione da punto a punto, il famoso telegrafo senza fili.

Era l'idea che David Sarnoff aveva proposto già nel 1916 alla Marconi Company, di cui era ancora un semplice impiegato. L'idea, che gli era nata già quattro anni prima, la notte dell'affondamento del Titanic, era quella della radio come music box, un contenitore di musica messa disposizione di tutti. Dopo la fine della guerra con la nascita della RCA e l'acquisizione da parte della nuova società delle proprietà americane del gruppo Marconi, il progetto di Sarnoff, che pochi anni prima pareva il sogno di un visionario, era una realtà in rapidissima diffusione e in vertiginosa crescita economica. Anche in Italia la musica diventava la base dell'emissione radiofonica.

Uno studio molto approfondito di Barbara Scaramucci pubblicato in un volume edito dalla Eri calcola che negli anni Venti l'offerta musicale copre l'80% del palinsesto radiofonico concentrato nelle ore serali. Ma, a differenza delle scelte musicali delle emittenti americane, nella radio italiana lo spazio maggiore è dedicato al “bel canto”, alla tradizione nazionale della lirica e in misura minore alla musica sinfonica, mentre per una presenza maggiore della musica leggera, con le sue canzonette, occorrerà aspettare il decennio successivo e soprattutto il secondo dopoguerra. 

Tornando ai giorni della nascita, occorre ricordare come la prevalenza quantitativa della musica non esaurisca il campo di intervento della radio. Oltre al modello americano, una radio europea e di natura pubblica non può non tener conto del modello per eccellenza quello della Bbc dove si è imposto il progetto di John Reith, il suo direttore, con la celebre triade, detta appunto reithiana, che prevede accanto all'intrattenimento musicale la presenza indispensabile di programmi di informazione e divulgazione. Anche i palinsesti della radio italiana ospitano fin da subito frequenti appuntamenti con la divulgazione culturale, scientifica, storica organizzati soprattutto nella forma di “conversazioni” di esperti.

Più delicata la questione dell'informazione. I notiziari inizialmente basati sui dispacci dell'Ari, l'agenzia del gruppo Marconi, dalla fine di ottobre del 1924 hanno come fonte delle notizie l'Agenzia Stefani designata dal governo come unica fonte ufficiale.  Proprio nelle stagioni in cui la Bbc, in occasione del famoso sciopero generale del 1926, manifesta la sua indipendenza, la sua posizione terza rispetto al governo e ai sindacati entrambi critici rispetto al suo modo di trattare la notizia, nella radio italiana si afferma la confusione tra informazione e propaganda del regime.

Ma c’è un fatto che continua a suscitare sorpresa e ammirazione e su cui ci si interroga a ogni ricorrenza. Qual è il motivo che consente alla radio di essere ancora viva, vitale e affascinante cento anni dopo la sua nascita dopo che più volte nel corso del suo secolo di vita ne è stata annunciata la morte - o almeno la sua marginalizzazione – e la condizione di “forgotten medium” che in vari momenti le è stata attribuita?

Credo che il segreto stia proprio nella sua origine, che rappresenta uno snodo fondamentale nella storia dei media. L'invenzione della radio e la sua diffusione come medium si pone la centro di un processo fondamentale nelle società evolute, quello che vede lo spostamento dell'intrattenimento e dell'uso del tempo libero da luoghi esterni deputati all'interno dell'abitazione domestica. Se il teatro, il cinema, i concerti prevedevano la fruizione in apposite sedi con la creazione di comunità legate a un evento, la radio inaugura la linea del consumo culturale domestico, familiare: informazione, musica, intrattenimento, divulgazione arrivano spontaneamente al destinatario nel suo ambiente più familiare. È un mondo intero che entra nelle case. Su questa strada si avvieranno più avanti la televisione e la rete, ma ad aprirla è stata la radio in uno slancio di modernità che ancora la caratterizza.            

 

 

 


Foto di Nacho Carretero Molero su Unsplash
Foto di Matt Botsford su Unsplash

Un articolo di

Giorgio Simonelli

Giorgio Simonelli

già docente di Storia della radio e della tv - Università Cattolica

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