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“Deejay chiama Unicatt”, la lezione di Linus

25 marzo 2024

“Deejay chiama Unicatt”, la lezione di Linus

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Spento il microfono e tolte le cuffie, Linus ha ancora molto da dire e ascoltare. Venerdì 22 marzo, il direttore artistico di Radio Deejay e conduttore, insieme a Nicola Savino, di Deejay chiama Italia ha incontrato gli studenti del Master in Comunicazione Musicale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Durante la lezione del corso di Progettazione radiofonica, tenuto da Claudio Astorri, lo speaker ha fatto subito una diagnosi dello stato di salute della radio in Italia, che l’anno prossimo compirà 50 anni: «Gode di ottima salute, funziona ancora, dopo tanti anni, nonostante la nascita di molti strumenti».

Infatti, le novità tecnologiche stanno cambiando le modalità di fruizione dei contenuti musicali. Il podcast ne è uno esempio: «È una declinazione, una propagazione della radio. Cambia soltanto il modo in cui è distribuita e arriva all’ascoltatore». L’altra sfida della radio ha a che fare con l’età media degli ascoltatori, in crescita, che fa emergere una questione generazionale e incide sulla programmazione e sui contenuti. «L’offerta musicale è poco compatibile con chi ascolta la radio. In più, a causa delle piattaforme di streaming, se la deve vedere con l’algoritmo, che si adatta continuamente a ciò che cerca l’ascoltatore».

L’altra sfida della radio ha a che fare con l’età media degli ascoltatori, in crescita, che fa emergere una questione generazionale e incide sulla programmazione e sui contenuti: «In Italia, la radio non può vivere solo con proposte giovani e alternative perché calerebbero gli ascolti, considerata l’età media degli utenti ». Le radio da un punto di vista economico si reggono principalmente sulla pubblicità: «Non si riesce a raccoglierla se la programmazione è totalmente sconosciuta». In più, la radio deve fronteggiare la concorrenza delle piattaforme di streaming: «Se la deve vedere con l’algoritmo, che si adatta continuamente a ciò che cerca l’ascoltatore», precisa Linus.

Ma non di sola programmazione vive la radio. Una figura professionale si compone tanto di competenze tecniche quanto di capacità umane, ed entrambe si devono affinare. Parola di Linus: «C’è un percorso da intraprendere, da fare a piccoli passi. Come nel calcio: si inizia all’oratorio; poi, alla scuola calcio e, infine, si arriva al professionismo. Si comincia dalle piccole radio, come è accaduto a me». Il talento non sboccia da solo: «Stare insieme a gente più brava, aiuta a diventarlo. Come per una forma di osmosi, si assorbe da chi ci sta vicino qualcosa che non si può spiegare. Mi piace che ci sia un luogo fisico per la trasmissione delle conoscenze. Credo nella forza dell’esempio e della condivisione».

Come quella che Linus cerca in un’intervista, durante la quale, svela agli studenti, bisogna innanzitutto sapere chi si ha di fronte. Poi, occorre creare empatia: «L’ospite deve essere messo a proprio agio, ma senza essere né ruffiani, né servili. Considero l’intervista come guidare la macchina: bisogna portarla dove deve andare. Perciò, mentre la si fa, si deve evitare di seguire per forza la scaletta delle domande, ma il flusso: questo fa la differenza». Il tema dell’intervista si lega a un momento indimenticabile della carriera professionale di Linus: l’incontro con Kobe Bryant. «L’ospite che vorresti sempre avere. La prima delle due, tra il 2013 e il 2014. È stata bellissima. Lui, che parlava l’italiano per aver vissuto qui, si ricordava di me perché mi ascoltava negli anni Ottanta mentre ero il deejay di una radio».

Un ricordo che strappa l’applauso degli studenti a cui dà un consiglio per il futuro: «Non pensate a ciò che farete da grandi perché non lo farete. Pensate a fare bene ciò che fate ora perché è quello che farete da grandi».

Un articolo di

Maria Gomiero e Pietro Piga

Scuola di Giornalismo

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