Web reportage | Terza parte

Centenario, storie ed emozioni degli Alumni Unicatt

29 giugno 2021

Centenario, storie ed emozioni degli Alumni Unicatt

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Continua il nostro viaggio per immagini, parole e pensieri attraverso le storie di chi vissuto la Cattolica nei suoi primi cento anni di vita. Ecco il terzo capitolo dedicato a 100 volti per 100 storie, il progetto promosso dall’Istituto Giuseppe Toniolo insieme alle associazioni Alumni e Amici dell’Università Cattolica per celebrare il centenario dell’Ateneo.
 

Prima parte   Seconda parte


«Ho lasciato il mio Salento a 18 anni per iscrivermi in Giurisprudenza presso l’Università Cattolica di Milano nel 1988», racconta Paola Calabrese laureata in Giurisprudenza.

Un articolo di

Valentina Stefani e Luca Aprea

Valentina Stefani e Luca Aprea

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«Gli anni universitari, pur segnati dal dolore della morte di mia madre, sono stati in assoluto gli anni più belli della mia vita. Anni di incontri speciali, di insegnamenti formidabili, in cui si decide il destino degli adulti che si diventerà. Ma da studente ancora non lo sai. Anni che sono volati via leggeri, scanditi da lezioni indimenticabili, da studi matti e disperatissimi protratti sino all’alba, da sessioni di esami che appaiono insuperabili, da momenti conviviali nei chiostri e da isolamenti profumati con le amiche nel giardino riservato alle sole studentesse. E poi, quasi inaspettatamente, arriva il giorno della tua laurea. E tu dovresti essere felice, ma non sei pronta a rinunciare a tutto quell’incanto. Non ci credi che dal giorno dopo non attraverserai più quei corridoi e non frequenterai più quelle aule. Ed è forse per questo che ancora oggi, dopo 28 anni da quel giorno, ti capita a volte di svegliarti con la certezza di essere tornata lì, di notte, a riappropriarti nel sogno della tua giovinezza».

«Ancora oggi mi sveglio sognando di tornare»


Gli anni universitari e i preziosi insegnamenti ricevuti rivivono nelle parole di Danila Compiani, laureata in Scienze linguistiche e letterature straniere, che ricorda: «L’incontro con Nina Kauchtschischwili alla prima lezione di letteratura russa fu spiazzante: quello sguardo dritto e severo, quell’inconfondibile tono di voce roco, quella sua presenza austera, tutto di quella docente mi incuteva un timore riverenziale. Fu col passare del tempo che avvenne il miracolo: ai miei occhi quell’aura di cupa austerità piano piano svanì, stemperandosi in quel meraviglioso spaziare con indicibile competenza e passionalità nelle poliedriche atmosfere russe che Nina Kauchtschischwili sapeva evocare. Scoprivo piano piano il gusto per un’indagine letteraria libera, avulsa da banalità, perché il suo insegnamento non era una mera trasmissione di saperi: lei dialogava, sollecitava opinioni, riflessioni personali, motivate interpretazioni inedite, indipendentemente dal fatto che lei le condividesse o no. È seguendo il suo esempio che nella mia carriera di insegnamento ho sempre sollecitato i miei studenti a dare il loro contributo personale, interpretando emozioni e sussulti del loro cuore».

Nina Kauchtschischwili, un esempio per l'insegnamento


«Da quando, nei lontani anni ‘70, la Delegata della mia città, nonché cara amica di famiglia, Diomira Innocenzi, mi fece conoscere l’Università Cattolica, ho continuato ad interessarmi di questa importante realtà culturale. Bei momenti che restano impressi per sempre e che sono stati di grande arricchimento culturale e spirituale». Queste parole sono di Leda Leonardi Cifoletti, Delegata per l’Umbria dell’Università Cattolica, che racconta: «Provo ancora ammirazione per un’anziana delegata che saliva più di cinquanta scale per prendere l’offerta di mia madre. Poco tempo fa, dopo la sua morte, sfogliando un suo libro di preghiere, ho trovato un’immagine del Sacro Cuore e, sul retro, la scritta: "Giornata Universitaria 1943”. Mia madre era allora una ragazza di diciotto anni. Ho provato una forte emozione e tengo questa piccola e fragile immagine sempre in vista. Quindi con l'Università Cattolica del Sacro Cuore sempre nel cuore...».

Una piccola immagine, una grande emozione


«Numerosa (genitori insegnanti laureati e cinque figli), cattolica, democristiana, modesta di reddito, abitudini e svaghi, radicata in un paesino abruzzese pedemontano, la famiglia mi consentì la frequenza alla Cattolica per l’attitudine allo studio, la volontà di riuscire e il presalario che mi assicurò vitto e alloggio all’Augustinianum, ove giunsi nell’autunno 1965”, racconta Piervincenzo De Lucia che ricorda con queste parole gli anni dell’università e del Collegio: «Partecipai alle lezioni di intellettuali famosi: teologi, filosofi, biblisti, storici, letterati. Intanto i fermenti post-conciliari e il nascente movimento studentesco caratterizzavano università e collegio. Un pomeriggio sfilammo in pigiama per il centro storico. Così in diversi perdemmo il presalario e il 1968/69 fu l’anno accademico che frequentai da fuori sede. Ebbi un concreto aiuto da Aldo Agazzi con cui mi laureai il 12 novembre 1969. Quel giorno si chiuse il periodo formativo più intenso e più bello della mia vita».
 

«Quel giorno in cui sfilammo in pigiama per il centro storico...»


Ai tempi della fanciullezza, quando era «beniamina in seno all’Azione Cattolica» risale la “simpatia” per la Cattolica di Angela Anna Marra, benefattrice borsa di studio in memoria. «Col tempo – dice - ho approfondito le mie conoscenze in merito e ho deciso di entrare a far parte della grande famiglia dell’Associazione Amici dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Nel ruolo, poi, di delegata diocesana, mi sono sentita sempre più integrata e ho trasmesso questi sentimenti. Quando è deceduto mio marito, anch’egli convinto "amico", ho pensato che il regalo più importante e significativo che potessi fargli era quello di dedicargli una borsa di studio in memoria, a favore di uno studente meritevole della Cattolica ed anche per riconoscenza verso un Ateneo che traduce in eccellenza tutto quello che promuove. È stata, per me, un’esperienza unica e indimenticabile!».


Una borsa di studio per ricordare e ringraziare

86 anni, nata in una numerosa famiglia contadina a Izano, un piccolo paese della provincia di Cremona, Marina Ghidoni ricorda così il suo incontro con la Cattolica: «Torno ai miei ricordi da bambina (otto-dieci anni) quando frequentava la mia famiglia, la Nobil donna Alessandra Noli Dattarino, amica di Armida Barelli. Ogni volta che tornava da Milano veniva a raccontare alla mia mamma gli avvenimenti dell’Università. Io ascoltavo e sognavo di poter vedere com’era un’Università. Già da allora andavo porta a porta nelle famiglie a "raccogliere le uova" per poi poterle vendere nella giornata dell’Università Cattolica e devolvere ad essa il contributo economico. Queste piccole azioni sono sempre proseguite nel corso degli anni restando sempre sostenitrice della Cattolica con l’iniziativa "amico dell'Università».


«Da bambina sognavo di poter vedere com’era un'Università, poi...»


Ad Antonio De Grandis, laureato interfacoltà in Economia-Medicina e chirurgia, l’Università Cattolica ha dato la possibilità viaggiare all'insegna della scoperta del mondo. «Sono partito dall'essere una giovane matricola presso la sede di Roma fino a prendere un aereo e volare negli Stati Uniti d'America dove ho potuto studiare in un'altra lingua, conoscere persone provenienti da altri culture ed allargare i miei orizzonti», scrive.

«Proprio parlando di orizzonti da allargare, da li non mi sono più fermato e decisi di partecipare ad un altro programma dell'università, ovvero quello del volontariato a Gerusalemme. Infatti, se dovessi cercare un volto, descrivere con una sola foto che cosa sia, che cosa significhi essere o di essere stato studente, alumnus dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sceglierei una foto inerente alla mia esperienza di volontariato con l'Ateneo. Lo stare lì, l'aver vissuto con chi è meno fortunato, è il dono più grande che potessi fare, soprattutto a me stesso».


Sapere intellettuale e cura spirituale, il massimo della nobiltà


«Oggi, più di ieri, credo che abbia ancora senso un ateneo che si definisce «cattolico”: fin dalle sue origini ha avuto – come disse una volta Giovanni Paolo II – l’obiettivo fondamentale di «studiare l’uomo con i suoi più autentici ideali» e di testimoniare la possibile amicizia tra l’intelligenza e la fede, che trasmette lo sforzo costante di saper guardare avanti, coniugando una solida e preparata maturazione nella fede con la crescita nello studio e l’acquisizione del sapere scientifico. Negli intendimenti di chi l’ha pensata e fortemente voluta, la Cattolica ha il compito di essere il luogo dove gli uomini e le donne di domani possano formarsi per migliorare i rapporti sociali e politici esistenti e per costruire “la città dell’uomo a misura d’uomo”. Questo è il pensiero di Alberto Ratti, Vicedirettore del Collegio Ludovicianum dal 2015 al 2017.


«In questo secolo di storia, “attore e protagonista anch’io”, ben a ragione posso affermare che l’Università Cattolica “ha fatto parte della mia vita”. E, sacerdote cappuccino, ho pregato e fatto pregare il Cuore di Gesù, ringraziandolo per aver ispirato i fondatori dell’Università, perché accompagni sempre lo sviluppo dell’Ateneo dei cattolici italiani, sostenendolo con i doni del Santo Spirito; perché prepari personalità capaci di accompagnare l’umanità verso un futuro migliore». La testimonianza e l’augurio di Padre Filippo Catalano, laureato in Università Cattolica.

«Oltre al lavoro, c’è una profonda amicizia, basata sul rispetto e la condivisione degli ideali, nonostante le differenze di età, fedi ed esperienze». È la storia racchiusa in questo scatto di Mohammed Assadi, Alberto Cattaneo e Rachid Kachach, impiegati presso la bidelleria centrale di Largo Gemelli.


«Sono arrivata all’Università Cattolica, facoltà di Giurisprudenza, nel mese di settembre 1994 – racconta Suor Anna Monia Alfieri - anni particolari, dopo le stragi del ’92, gli attentati dell’estate del ’93 e gli inizi di Tangentopoli. Le aule, in Largo Gemelli, erano gremite. Nessuno si sarebbe mai perso le lezioni del professor Schlesingher o del professor Castronovo. Tutti in silenzio, le lezioni erano seguite con vivo interesse, perché si imparava a vivere. L’università Cattolica per me è stata anzitutto una scuola di vita: ho imparato il senso del sacrificio, lo studio sodo, la capacità di approfondire, sapere, argomentare. In aula i docenti ci aiutavano a mettere in atto vere e proprie aule di tribunale: il PM, la difesa, l’accusa. Ho appreso che non c’è una via di mezzo: o si è corrotti o si è onesti. Questo è un principio che non vale solo per gli avvocati e i magistrati ma per ciascuno, qualsiasi sia lo stato di vita. Infatti, dopo le lauree in Giurisprudenza prima, in Economia poi, ho compreso che avrei dedicato la mia vita a Dio, puntando sui giovani e al loro desiderio di verità. Mi auguro che l’Università Cattolica scelga di essere ancora il luogo del sapere e che i ragazzi scelgano la conoscenza, perché non si vive e non si muore per se stessi».


Unicatt, una scuola di vita


Che cos’è l’Universita Cattolica? A questa domanda risponde il video realizzato dai ragazzi del Collegio Augustinianum di Milano.

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