Letterato, politico, teologo, giurista, filosofo. E non solo. Non c'è campo del sapere che non sia stato influenzato dalla sua Divina opera. Dante Alighieri è stata una delle menti più brillanti della storia dell'umanità e cardine imprescindibile per la cultura italiana, in tempi in cui il principio stesso di italianità era un esercizio di stile, se non astratto, sicuramente lontano da una realtà che vedeva il nostro Paese ancora diviso in borghi e campanili.
A partire dallo scorso anno il Consiglio dei Ministri ha istituito una giornata nazionale, il 25 marzo per celebrare il Sommo Poeta, il Dantedì. E l'edizione 2021 è sicuramente una delle più significative perché cade nel 700esimo anniversario della morte di Dante, avvenuta a Ravenna, in esilio, nel 1321. «Dante ci invita a ritrovare il senso del nostro percorso umano» ha scritto Papa Francesco nella lettera apostolica Candor Lucis Aeternae. «La sua coerenza è una lezione per tutti» ha ricordato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera per la ricorrenza.
In occasione di questo importante anno dantesco l'Università Cattolica ha avviato numerosi progetti e iniziative, come ad esempio, il ciclo di incontri Grandi Maestri di fronte a Dante inaugurato il 3 marzo e che fino a dicembre, animerà (nel rispetto delle normative anti-covid) la riflessione sull'opera del Poeta. Una riflessione che Secondo Tempo, in questo web-reportage, ha chiesto ad alcuni docenti dell'Ateneo, attivi in diversi settori accademici, e che testimoniano non solo l'universalità dell'opera dantesca ma, soprattutto, la sua grande attualità.