Accordi sottobanco rispettati e altri traditi, ambizioni premiate e deluse, franchi tiratori e perfino… scoiattoli. L’elezione del Capo dello Stato è una saga che attraversa la storia della nostra Repubblica. Un atto che, a partire da lunedì 24 gennaio, data della prima votazione in Parlamento, si arricchirà di un nuovo capitolo. Inedito. Le misure di contenimento della pandemia di Covid-19 hanno infatti imposto nuove regole al rigido cerimoniale dello scrutinio: perfino i catafalchi, le tradizionali cabine di legno e velluto dove avviene il voto segreto, verranno appositamente modificati. Senza contare le difficoltà logistico-sanitarie (e un protocollo di rigidi controlli degli elettori assicurati dallo staff medico della Fondazione Policlinico Gemelli) dovute alla gestione di eventuali positivi e all’inevitabile limitazione delle presenze in aula. Mai come in questa occasione l’elezione del Presidente della Repubblica è una vera corsa a ostacoli. In questo contesto domina l’incertezza e alla vigilia della prima chiama torna ancora una volta attuale la famosa espressione coniata da Donat Cattin nel 1964: tre le armi per “uccidere” i candidati alla più alta carica dello Stato “veleno, pugnale, o franchi tiratori”.